La pace (armata) tra Sky e Mediaset non è durata a lungo: per il 7 settembre è stata infatti già annunciata dal Biscione la ripresa delle ostilità, con l’oscuramento dei propri canali generalisti in chiaro (Canale 5, Italia 1 e Rete 4) sulla piattaforma di Sky (LCN 105, 106 e 107).
Che, lato Murdoch, si traduce in un pesante azzoppamento della sua offerta, posto che gli utenti, se vorranno vedere i tre programmi nazionali in chiaro, dovranno saltellare dal telecomando di Sky a quello di Tivusat (in presenza di segnale terrestre è invece possibile commutare direttamente dal telecomando di Sky alla ricezione DTT sul 50% dei ricevitori). Difficile che una siffatta condizione non abbia effetti deterrenti sull’offerta pay, che comprende anche la ricezione dei principali canali free della tv italiana, anche se l’iniziativa non è indolore per il gruppo tv che ha quale azionista di maggioranza la famiglia Berlusconi, considerato che il 10% dei telespettatori delle tre reti prossime ad essere criptate le seguono attraverso i canali di Sky (per la quale, del resto, Canale 5 rappresenta l’11,7% di share, Italia 1 il 3,9 e Rete 4 il 2,9%). «Vogliamo che Sky, come tutti, paghi un diritto di ritrasmissione per far vedere i nostri canali sulla sua piattaforma», aveva dichiarato a fine luglio Gina Nieri, portavoce di Mediaset e consigliere del CdA, sulla scia della vicenda giuridica dei diritti del calcio europeo tra Sky e Mediaset Premium, all’indomani della decisione dell’Agcom con la delibera 128/15/CONS che accordava ragione a RAI nel richiedere un compenso da Sky per la trasmissione dei propri canali. Del resto, "Sono più di dodici anni – ha spiegato la Nieri – che combattiamo perchè non passi il principio che i contenuti possano essere trasmessi gratuitamente, altrimenti sparisce lo stesso modello di business audiovisivo basato sul valore del contenuto». Il riferimento è evidentemente alla richiesta giudiziaria di Mediaset di un risarcimento e/o di un indennizzo di 500 milioni per l’utilizzo dei propri contenuti a YouTube (la sentenza dovrebbe essere pronunciata a settembre) e di 100 milioni a Yahoo, nonché alla diffida rivolta a Facebook per far rimuovere i proprio contributi domiciliati sul social network senza preventivo assenso (trattative sono invece in corso con Vodafone e con Telecom). Del resto, la portata economica della questione è rilevante, se si pensa che l’anno scorso in Germania la free tv ha ottenuto 93 milioni di euro per il relay via cavo e sat mentre in UK le tv generaliste hanno chiesto 200 milioni di sterline alle diverse piattaforme (prassi negli USA ormai ampiamente consolidata). Attesa ora la contromossa del colosso della tv satellitare (che per ora non ha risposto alla richiesta formale di Mediaset di definire un corrispettivo per la ritrasmissione dei propri programmi, stimato sui 110 mln di euro per il solo 2015), che a sua volta sta pesantemente presidiando il digitale terrestre, terreno ove Mediaset ha l’egemonia, con gli LCN 8, 26 e 27 (le parti si stanno invece confrontando ad armi sostanzialmente pari nell’ambito della IP Tv). Anche se sarebbero già arrivate richieste economicamente interessanti per la successione sui numeri 105, 106 e 107 del telecomando di Sky (Discovery in primis, si dice). (E.G. per NL)