“In aumento nel 2015 le richieste di attivazioni per ricevere il segnale satellitare free di Tivùsat che permette in modo gratuito di ricevere ovunque tutti i principali canali nazionali e internazionali”.
La nota ufficiale della piattaforma satellitare “free” parla chiaro: a sei anni dalla sua nascita, Tivùsat supera il traguardo delle 2.500.000 smartcard attivate, proclamandosi “il servizio più rapido e risolutivo per fruire della tv satellitare gratuita”. Lanciata nel 2009 da Tivù s.r.l. (società partecipata Rai, Mediaset, Telecom Italia Media, Associazione TV Locali Confindustria RTV e Aeranti-Corallo), Tivùsat è la piattaforma digitale satellitare gratuita italiana nata per integrare il digitale terrestre dove non è presente una buona copertura (il servizio Tivùsat è distribuito via satellite, quindi non presenta problemi di ricevibilità), offrendo al contempo una vasta gamma di servizi: un’EPG (guida elettronica ai programmi) presente su tutti i decoder e servizi interattivi (Rai Replay, Infinity, Mediaset Rewind, La7 On Demand, ecc.) fruibili tramite decoder o iDTV certificati Tivùsat connessi ad internet. La società non ha ancora ufficializzato i dati, ma sembra che a settembre le richieste di attivazione delle smartcard siano state 62mila, quasi il triplo rispetto alle 22mila dell’anno precedente. In media possiamo parlare di duemila attivazioni al giorno, contro le 700 di un anno fa. La spiegazione porgendo del picco di attivazioni è certamente da ricondurre all’oscuramento dei canali free di Mediaset su Sky (Rete 4, Canale 5 e Italia 1 non sono più visibili alle posizioni 104, 105 e 106 di Sky). A luglio, infatti, il gruppo Mediaset aveva chiesto alla pay tv satellitare il pagamento di 110 mln di euro per i diritti di ritrasmissione dei suoi canali sul bouquet di Murdoch. Sul piano giuridico, il Biscione, rivendicando i propri diritti nei confronti di Sky in tema di retransmission fee, faceva riferimento alla delibera 128/15/CONS, pubblicata in data 23 marzo 2015, con cui il Consiglio dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni aveva concluso un procedimento avviato nei confronti della Rai ex art. 48 del Testo unico (dei servizi di media audiovisivi e radiofonici- TUSMAR) in relazione all’applicazione dell’art. 22 del vigente Contratto di servizio, vicenda scaturente da un pregresso contenzioso con Sky. La delibera n. 128/15/CONS precisava da un lato la facoltà per Rai di richiedere un equo corrispettivo per la cessione dei propri programmi, dall’altro la necessità per la stessa Rai di rinunciare a interporre diritti di soggetti terzi a sostegno dell’oscuramento di taluni eventi, nonché, per Sky, il diritto di negoziare sulla base di un’offerta triennale, equa e non discriminatoria. La delibera Agcom ha stabilito che Rai non potrà più oscurare i programmi agli abbonati Sky. Farlo sarebbe assolutamente illegittimo. Discorso diverso per la questione Mediaset, su cui Agcom si è pronunciata senza mezzi termini: “..la decisione dell’Agcom determina i suoi effetti unicamente sul servizio pubblico radiotelevisivo. Eventuali pretese di retransmission fee da parte di emittenti televisive commerciali nulla avrebbero a che fare con i contenuti e le finalità dell’odierna decisione e della delibera 128/15/CONS”. La delibera, quindi, si applica soltanto alla concessionaria del servizio pubblico, ovvero alla Rai, e non alle emittenti commerciali come Mediaset. Sky Italia ha sin qui declinato l’invito a sedersi al tavolo di trattativa con il superplayer tv italiano sui diritti di ritrasmissione; diritti che il sat provider non ha mai riconosciuto: secondo il gruppo di Murdoch, infatti, questi vengono pagati solo nel caso di contenuti e canali in esclusiva. Lo stesso AD di Sky, Andrea Zappia, si è più volte espresso sull’argomento, affermando che criptare il segnale è “una libera scelta di Mediaset che non ci lascia particolarmente sorpresi: procediamo di conseguenza” e “la piattaforma può rifiutare di trasmettere i canali che non vuole visto che non è l’unica tv satellitare”. Sta di fatto che, nell’eterno scontro fra i due titani, sembra che uno degli effetti consequenziali (previsto o meno dal gruppo Murdoch) dell’uscita da Sky di Canale 5, Italia 1 e Retequattro sia stato proprio l’exploit di richieste per Tivùsat: facile pensare che siano state prevalentemente le famiglie tagliate fuori dal digitale, per via delle zone di precaria copertura, a ricorrere al piano b con Tivùsat, perché altrimenti sarebbe stato sufficiente ritrovare i canali Mediaset sul digitale anziché munirsi di smartcard. Sarà interessante osservare l’andamento dei nuovi utenti di Tivùsat, anche se si suppone che il boom di adesioni non perduri ancora a lungo: la popolazione non coperta dagli impianti del digitale terrestre dei maggiori operatori può essere al massimo l’8/10% del totale e già nelle sue comunicazioni precedenti Tivùsat ha detto di essere ormai presente nell’8% delle famiglie italiane. Sicuramente difficile, ma non impossibile, che si aggiungano nel corso del tempo anche i telespettatori che non hanno problemi con il Dtt. Il salto di qualità, in grado di attrarre anche la fetta del pubblico che già dispone di Dtt, sarebbe aumentare l’offerta: oltre ai molteplici servizi, Tivùsat potrebbe fornire più alta definizione e servizi interattivi. Sicuramente la strategia futura ruoterà intorno alla volontà dei soci di Tivù srl, ma c’è da dire che la differenza potrebbe farla proprio Pier Silvio Berlusconi (vicepresidente e AD Mediaset) che, promettendo “un cambio di passo, una strategia di attacco” legata alla nuova offerta Premium, ne promette lo sbarco sul satellite, il cui sbocco naturale dovrebbe appunto essere Tivùsat. (S.F. per NL)