Paolo Romani, con la relazione dell’Agcom che certifica che Sky è il secondo gruppo tv italiano per ricavi in una mano e sventolando con l’altra la stropicciata bandiera del pluralismo, festeggia (quella che per lui è) la fine della partita del duopolio. Udite, udite: è finita l’era del dominio RAI-Mediaset, lo strapotere mediatico di Berlusconi è concluso. Il conflitto d’interessi è quindi cosa superata. Evviva. Con rara tempestività, sul sito scarsamente aggiornato del MSE-Com, a consacrare il "nuovo assetto" televisivo italiano, è comparso il seguente comunicato: "La relazione del Presidente dell’Agcom Corrado Calabrò è condivisibile e offre numerosi spunti interessanti. Innanzitutto la conferma che non siamo più in presenza di un duopolio. E la prossima gara per le reti del dividendo digitale allargherà ancor di più la platea dei protagonisti. Si fa giustizia di tutte le polemiche. Il mondo non è più quel meccanismo ristretto di cui parlava la sinistra. E l’avvio verso una conclusione positiva della vertenza con Bruxelles sulla procedura di infrazione, ricordata da Calabrò, è un ulteriore riconoscimento della volontà del governo di creare un mercato sempre più aperto alla concorrenza e di favorire le condizioni per un generale innalzamento della qualità dell’offerta televisiva". Continua il dipartimento delle Comunicazioni: "Una seconda conferma è quella sulla giustezza delle scelte fatte per il digitale terrestre. La decisione di anticipare tale passaggio e, nello stesso tempo, renderlo graduale con l’identificazione di tempi certi per la trasformazione regione per regione, si sta rivelando lungimirante. Siamo in presenza di un passaggio tecnologico epocale che si sta svolgendo senza particolari problemi, quindi condiviso dagli italiani e che, raccogliendo la suggestione del Presidente Calabrò, potrebbe essere anticipato rispetto alla scadenza del 2012". "Altro tema di riflessione è quello delle riforme. Più che giusto il richiamo ad una revisione della par condicio. Le modifiche sono necessarie e credo che la via istituzionalmente e politicamente più corretta sia quella parlamentare. Quindi un cambiamento delle regole con un percorso parlamentare e non su iniziativa del governo. Non meno importante è il tema della riforma del servizio pubblico. Si può cominciare da subito con il contratto di servizio su cui stiamo già lavorando e che ha tre punti cardine: l’incremento e il miglioramento dell’informazione per l’estero, l’aumento degli investimenti per il digitale terrestre, la definizione di una Rai rappresentativa di tutte le istanze socio culturali del paese. Una serie di linee strategiche che consentiranno di riperimetrare quel 65% di trasmissioni che deve essere dedicato al servizio pubblico", precisa l’MSE-Com. "Infine lo sviluppo della banda larga e delle reti di nuova generazione. Il piano del governo prevede un investimento di circa un miliardo e mezzo di euro ed è finalizzato ad annullare il digital divide che ancora attarda il nostro paese rispetto ai partner europei. Un primo passo al quale seguirà un’implementazione delle reti di nuova generazione”, si conclude l’esultante comunicato.