Che il pluralismo informativo costituisca una ricchezza all’interno di un Paese e che, proprio per questo, debba essere incentivato è lapalissiano. Tuttavia, non sempre ad una affermazione così scontata fanno seguito azioni volte ad implementare i settori di interesse, uno dei quali è sicuramente quello delle emittenti televisive locali.
Osservando l’andamento dei fatturati emerge come il sistema sia in sofferenza: dai dati riportati sul quotidiano Italia Oggi, mentre nel 2006 le tv locali italiane hanno fatturato 647 milioni di euro, ora tale cifra è scesa sotto i 300 milioni di euro annui ed è conseguentemente diminuito anche il numero delle persone impiegate nel settore (da 5mila a 3mila soggetti).
A fondamento di tale situazione, si ritrova – tra l’altro – l’avvento del DTT e la conseguente comparsa di innumerevoli canali televisivi nazionali, figli dei grandi broadcaster e catalizzatori del mercato pubblicitario. Le tv locali hanno infatti visto diminuire significativamente le entrate in adv e, inoltre, a fronte della nuova numerazione degli lcn, hanno dovuto agire per riaffermare la propria posizione tra i vari numeri dei telecomandi presenti nelle case degli italiani.
In questo contesto, il nuovo Regolamento in materia di finanziamenti pubblici per le emittenti televisive e radiofoniche locali, comunitarie e commerciali è intervenuto per cercare di sbloccare un sistema contributivo ormai in stallo. Stabilendo criteri stringenti diretti a valorizzare il merito – tra cui un numero minimo di dipendenti e giornalisti in regola con i contributi previdenziali – e, contestualmente, ad evitare l’erogazione di risorse “a pioggia”, il DPR 146/2017 ha fatto sì che tramite la piattaforma Sicem 1.001 emittenti nel 2016, 1.044 nel 2017 e 1.029 nel 2018 abbiamo presentato domanda per i contributi statali.
Contributi che hanno come obiettivo quello di dare un po’ di respiro alle tv e alle radio locali, sostenendo il settore e facendo sì che possa essere preservata una differenziazione regionale nell’offerta di contenuti informativi e di intrattenimento, a tutela del tanto agognato pluralismo.
Ma non tutti hanno accettato positivamente questa normativa: alcune televisioni che si sono viste escluse dalla nuova disciplina hanno fatto ricorso al TAR, il quale ha accettato lo stesso e si è riservato di pronunciarsi il prossimo 17/10/2018.
I promotori del ricorso avranno (forse) le loro ragioni per puntare il dito conto il DPR 146/2017, ma tutti quelli che – rispondendo ai requisiti richiesti – stanno attendendo con ansia i contributi cosa direbbero se il TAR affermasse che il Regolamento è da rifare? (G.C. per NL)