La Corte di Giustizia si esprime nel luglio 2008 con sentenza C-500/06.
La vicenda nasce dalla domanda presentata alla Corte di Giustizia, da parte di un Giudice di Pace di Genova, che era stato chiamato a decidere su una controversia riguardante la trasmissione di pubblicità televisiva di trattamenti estetici. Come noto, in Italia esiste una legge che regola la pubblicità sanitaria (L. 175/1992), molto restrittiva rispetto al contenuto della direttiva europea 89/552/CE – meglio conosciuta come “Televisione senza frontiere” – la quale pone un divieto di pubblicizzazione di quei trattamenti medici eseguibili dietro prescrizione medica. La normativa italiana, al contrario, vieta la pubblicità, su reti televisive nazionali, di trattamenti medico-chirurgici eseguiti in strutture sanitarie private, imponendo invece alle restanti reti (quelle locali) un limite di spesa pubblicitaria pari al 5% del reddito dichiarato nell’anno precedente. Di primo acchito si potrebbe gridare allo scandalo e minacciare ogni tipo di azione legale per violazione delle libertà fondamentali e della libera prestazione professionale. La realtà è che vi è un punto fondamentale da tenere in considerazione: la tutela della salute pubblica. La difesa di questo principio, può giustificare – nei limiti, quindi, di ragioni imperative di interesse pubblico – una simile restrizione. La Corte, con la sentenza C-500/06, cerca di compenetrare questi opposti principi, libertà e interesse pubblico, affermando che pur non condividendo un principio così rigido e restrittivo esso è giustificato dalla tutela della salute pubblica. Ma la situazione italiana soddisfa queste condizioni? Pur se troppo restrittiva, la normativa italiana garantisce la tutela di un interesse pubblico? Purtroppo no. Il problema sta tutto nel fatto che la legislazione del 1992 vieta la pubblicità dei trattamenti in parola solo sulle reti nazionali e non su quelle locali. Ciò significa che la normativa non è idonea a garantire la realizzazione dell’obiettivo che si è posto: la tutela della salute. Perché? In quanto introduce un meccanismo che determina un divieto della pubblicità relativa ai trattamenti medico-chirurgici sulle reti televisive nazionali, offrendo al contempo la possibilità di diffondere un tali “servizi” sulle reti televisive locali. (M.P. per NL)