Un punto di vista particolare sul digitale terrestre è stato esposto, in una intervista al quotidiano on-line dei consumatori il Salvagente.it, da Mario Albanesi, storico presidente dell’associazione di emittenti locali Conna, noto per non aver peli sulla lingua quando si parla di cose radiotelevisive (e non solo, per la verità).
L’intervista rilasciata a Martina Aureli non tradisce l’animo combattivo di Albanesi. Poiché il pezzo dà una lettura in controluce del digitale terrestre (i cui problemi sono oscurati dall’informazione resa dalla stampa e dalla tv nazionale), la riportiamo integralmente.
Martina Aureli – Perché il digitale terrestre? Se vi siete fatti nei giorni scorsi questa domanda, mentre dicevate addio alla storica tv analogica, sappiate che non siete soli.
Mario Albanesi – Le emittenti locali, quantomeno le circa 300 tv e radio riunite nel Conna, il Coordinamento nazionale nuove antenne associazione radiotelevisiva, sono in piena rivolta. Si schierano a fianco dei cittadini, denunciano i disagi vissuti con lo switch off, e bollano come “semicomici” e “ingannevoli” i rassicuranti spot televisivi andati in onda nelle ultime settimane, in cui noti elementi elementi dello spettacolo esaltano i vantaggi della maggiore scelta di canali, il segnale audio video di qualità, omettendo tutti i disagi e i problemi che i cittadini stanno vivendo nel passaggio dall’analogico al digitale.
Presidente, lunedì scorso i cittadini del Lazio hanno vissuto momenti di pieno caos, con tutti i canali improvvisamente saltati. Cosa ne pensa, si poteva evitare?
Questa è solo l’ultima goccia arrivata con il digitale terrestre. Sicuramente di grande importanza per i cittadini, ma – me lo lasci dire – sono problemi minori. In qualche giorno il problema si risolverà, mentre i veri scogli resteranno lì, insormontabili.
A cosa si riferisce?
Mi riferisco al segnale, molto meno stabile dell’analogico e che lascerà fuori almeno 3 milioni di italiani. Chi pensa che il digitale terrestre sia una tecnologia migliore di quella che abbiamo lasciato, si sbaglia di grosso. Per trasmettere questo tipo di segnale serve più potenza, più trasmettitori, e non arriverà dove prima si era raggiunti dall’analogico. Il digitale terrestre è una tecnologia già “vecchia”. Di cui potevamo fare a meno.
Comunque i vantaggi del digitale terrestre sono innegabili: il maggior numero dei canali, la migliore qualità audio-video, che annunciano i ‘famigerati’ spot, sono comunque un dato di fatto. Qual è, secondo lei, l’alternativa?
I maggiori canali e la migliore qualità delle trasmissioni sono caratteristiche specifiche del satellite. Perché non passare direttamente alla parabola e lasciare l’analogico per chi non vuole cambiare, magari anche per via delle spese per l’impianto Con il satellite – che arriva ovunque – si risolverebbe una volta per tutte il problema del segnale nelle zone “al buio”.
Però c’è una direttiva europea che impone la transizione.
Anche di questo ne potremmo parlare. L’Europa impone il digitale entro il 2012. Che fretta c’era di anticipare i tempi? Magari nel frattempo ci si poteva organizzare meglio. E invece abbiamo assistito a una serie di disagi, uno dopo l’altro, che si potevano evitare. La spesa per i decoder o le televisioni nuove, poi quello per l’impianto dell’antenna, nella maggior parte non adatto a ricevere il nuovo segnale. Di nuovo la mancata rottamazione per le vecchie tv, l’assenza di incentivi, il non aver previsto punti di raccolta. Come riassumere la situazione, se non descrivendola come un vero e proprio sfascio?
Tornando ai “problemini”, ossia ai canali scomparsi dal telecomando e difficili da ritrovare e riordinare, ieri l’Autorità di garanzie per le comunicazioni, l’Agcom, ha aperto un’istruttoria. Si vuole verificare che la nuova successione dei canali rispetti il pluralismo e non penalizzi alcuni broadcaster a discapito di altri. Come vede la situazione, si faranno passi avanti in tempi ragionevoli?
A costo di ripetermi, sono aspetti minori che prima o poi si risolveranno. Ma per quanto riguarda l’Autorità, che dire? Poteva intervenire prima, e su ben altri problemi. L’Agcom negli ultimi tempi ne ha fatte più di Carlo in Francia.
Un errore dopo l’altro, dunque.
Esattamente. Prima fa una delibera per il decoder unico che non impone e non riesce a far rispettare, costringendo gli italiani ad acquistare apparecchi diversi per il digitale, il satellite, e ancora decoder diversi magari per la pay tv. Poi concede il suo benestare alla piattaforma di TivùSat, e permette alla Rai di criptare per mesi i suoi programmi su Sky. Alla fine, si accorge che c’è un problema, e spinge Viale Mazzini a riavvicinarsi alla tv di Murdoch. Insomma, sui tempi e i contenuti direi che non ci siamo.