Non solo quiz e reality sono in crisi, ma anche la fiction, punto di forza della tv nostrana. Colpa del crollo qualitativo.
L’Italia è uno dei Paesi dove la fiction attecchisce di più, questo è noto. La televisione italiana è popolata in maniera costante di poliziotti, carabinieri, preti, medici e furfanti, portati in trionfo dalle sceneggiature pedagogiche messe in atto dagli autori. Bella o brutta, credibile o improbabile, con attori di livello o mediocri principianti, ex veline e quant’altro, la fiction resta il piatto preferito degli italiani da accompagnare alla cena, quando la famiglia è intera e riunita davanti al piccolo schermo. Il mondo della fiction italiana è piuttosto variegato, ma la Rai mantiene la leadership in questo campo, mostrandosi a volte più nazionalpopolare delle reti Mediaset: nazionalpopolari per eccellenza. Ma né Sacca, con la sua storiaccia per cui è stato inquisito a proposito di presunte raccomandazioni per “attricette” da parte dell’allora leader dell’opposizione Berlusconi, né il suo sostituto Fabrizio Del Noce hanno saputo dare alla fiction Rai una struttura più seria e competitiva, mandandola allo sbaraglio con una miriade di mini-serie che definire di bassa qualità è tutt’altro che un insulto. Ma certo la colpa non è solo loro: è l’intero comparto ad essere in crisi economica ed in crisi d’idee, specie da quando le intere forze armate e tutti i ruoli possibili e immaginabili all’interno degli ospedali, sono stati esauriti. Da un punto di vista economico è la televisione in generale ad essere in crisi, e la fiction ne risente di conseguenza, seppur resti il fiore all’occhiello della tv generalista, non tanto in termini di qualità quanto in termini di audience, che poi è quello che più conta per i burocrati del piccolo schermo televisivo. Alcuni mesi fa, Valeria Golino, nel corso del Festival di Tavolara, l’ha definita “brutta”, senza mezzi termini, bocciandola su tutti i fronti. Certo è che il mondo della fiction è così variegato da rendere difficile un giudizio sostanziale e generale. Vi rientrano, di fatti, sceneggiati come “La meglio gioventù” di Marco Tullio Giordana, nato per il piccolo schermo, o le avventure del Commissario Montalbano, tratto dagli scritti dello scrittore siciliano Andrea Camilleri ed interpretato dall’ottimo Luca Zingaretti, e poi c’è la poltiglia in cui, causa gli alti costi delle star (attori, ma anche registi e sceneggiatori), la scarsa fantasia e la richiesta famelica di fiction delle famiglie italiane, sta portando il livello qualitativo su gradini sempre più bassi. Parliamo di serie come “Gente di Mare”, o semplicemente di sceneggiati da 2 o 3 puntate, dedicati a questo o quel personaggio religioso o storico, che lasciano il tempo che trovano. Quando dietro la macchina da presa ci si mettono registi capaci e, ovviamente, ben pagati e davanti alle telecamere ci sono attori del calibro di Fabrizio Gifuni, Beppe Fiorello o Luca Zingaretti, il risultato è di sicuro differente. Ma tutto ha un costo e, ad oggi, Rai e Mediaset non sempre possono permetterselo. Recentemente, Aldo Grasso, in un editoriale su corriere.it definiva il settore, oramai, “scontato” e “marginale”. Ed, a proposito dell’ultima biografia storica, quella su Albert Einstein, diceva cinicamente: “La fiction italiana non sa rappresentare altro che agiografie, sorrette dalla retorica del flashback: inutile poi lamentarsi se all’estero non ci tengono in considerazione, se siamo piombati in una sacca di arretratezza, di povertà espressiva, di analfabetismo funzionale”. Sempre il noto critico del Corsera definiva gli ultimi prodotti firmati Rai come prodotti in stile “sacca da piedi”, ossia che servono semplicemente a tener caldi i piedi di attempati, anzichenò, spettatori, accompagnandoli tra le braccia di Morfeo durante i mesi invernali. (G.M. per NL)