Il 17 giugno 2021 Nielsen ha annunciato – tramite un articolo sul suo sito – ll lancio di una nuova metodologia di rilevazione che ha chiamato The Gauge (calibro o tachimetro).
Obiettivo: misurare In modo fair il consumo di media nell’era degli ott.
Il problema
Il problema è noto ed è stato ripetutamente affrontato da NL, anche in riferimento al recente intervento Agcom: come sostituire le ormai poco significative rilevazioni degli ascolti basate sul vecchio modello canali broadcast lineari fruiti in tempo reale e contemporeneo da differenti membri della famiglia.
Effetto Pandemia
Il panorama del consumo dei media, in questo caso si parla di televisione, è drasticamente mutato durante i (primi?) dodici mesi della pandemia. Ricordiamo tutti l’impennata degli abbonamenti a Netflix e la nascita di tanti copy-cat quali Disney+, Amazon Prime ed altri. Occorreva in questi mesi occupare in qualche modo il tempo a casa e un abbonamento da 10 dollari/mese non avrebbe certo cambiato il bilancio familiare.
Assuefazione
Il punto importante, probabilmente anche nell’esperienza dei nostri lettori, è che con l’occasione molti abbiano apprezzato i grandi vantaggi del modello OTT: nessuna interruzione pubblicitaria, contenuti disponibili quando si desidera, qualità decisamente superiore delle immagini e dell’audio.
E infatti – almeno nelle dichiarazioni degli OTT – l’utilizzo delle piattaforme è ormai divenuto la norma per tante famiglie.
Certificazione
Manca però un ente che certifichi. Come ad esempio Nielsen, che negli Stati Uniti ha da decenni quasi un monopolio nel mercato dei ratings TV.
Certo, si potrebbe continuare a dare fede alle metriche dirette degli OTT (ricordiamo i 62 milioni di utilizzatori che hanno guardato The Queen’s Gambit nei primi 28 giorni annunciati da Netflix). Ma come rilevato in Italia anche da Agcom, il mercato non può fare a meno di un ente certificatore terzo.
Quanto pesa oggi lo streaming?
Nell’annuncio Nielsen afferma dunque di aver fatto un passo importante nel cammino verso un sistema che offra una risposta alla semplice domanda: Quanto pesa oggi lo streaming?
Endorsment
Incredibilmente, lo stesso Reed Hastings, co-CEO di Netflix ha pubblicamente espresso la sua soddisfazione per questa nuova metrica e per i risultati pubblicati. Non cosa da poco, considerando che in passato la società criticava ferocemente ogni statistica pubblicata (nel caso di Nielsen a suo tempo basata sull’audio recognition). Secondo Netflix, Nielsen aveva “no clue” (nessun’idea, di quale fosse la reale situazione).
The Gauge, metodologia
La metodologia annunciata da Nielsen è definita come “analisi mensile dell’uso totale della televisione riguardante canali broadcast, Streaming, Cavo e altri, “with a Streaming channel drill down”.
Drill down?
Quest’ultima frase pensiamo si riferisca a una differente aggregazione dei pacchetti di streaming relativamente a live, on-demand e gaming (ma è una nostra ipotesi: la formuilazione e’ effettivamente flou).
Escluso invece lo streaming dai SetTop Box dei provider via cavo. Probabilmente perché si tratta semplicemente un differente modo tecnologico di trasportare gli stessi programmi precedentemente distribuiti in analogico e poi in MPEG/4.
Un panel ed un sub-panel
I dati forniti da The Gauge sono risultato dell’elaborazione pesata di due differenti panel: quelli per lo streaming vengono da un sottoinsieme di quello normalmente utilizzato per la tv (14.000 famiglie, sostanzialmente quelle a cui è stato fornito lo “streaming meter”), mentre i canali lineari vengono dalla totalità del panel stesso.
Streaming Meter
Lo Streaming Meter di cui parlano, a leggere quanto afferma il New York Times, dovrebbe essere un dispositivo analogo al kandal focal meter, ovvero un device che permette l’analisi dei pacchetti a livello di router casalingo.
Limiti
Per cui capiamo immediatamente i limiti del processo: se un ipotetico figlio fruisce di una serie di Disney+ sul suo iPad usando la SIM integrata (e non la wifi casalinga, che probabilmente arriva male in cameretta) egli per la ricerca conterà zero.
I dati
Ed ecco dunque i primi dati di The Gauge: l’insieme di tv via antenna e cavo pesa ormai solo per il 64% dello screentime, mentre lo streaming ha raggiunto quota 26%. Da notare come solo nel 2019 questa fosse del 14%.
I leader
I leader? Neflix e Youtube (6% ciascuno), seguiti da Hulu e Prime Video. Solo l’1% del tempo parrebbe essere stato passato sulle creazioni Disney, ma, come detto, potrebbe essere semplicemente il fatto che per questi contenuti vengono usati PC o Tablet non connessi alla rete di casa, quella “spiata” dallo Streaming Meter. (M.H.B. per NL)