Alla fine, in tv, vincono gli ascolti. È la legge della televisione e hai voglia a questionare su problemi deontologici e commistioni politica-informazione. Alla fin dei conti, se gli ascolti ti premiano, il resto rimane lettera morta sui giornali di opposizione.
Lo sa bene Augusto Minzolini (foto), il direttore-superstar del Tg1, o "direttorissimo" come, a quanto si evince dalle intercettazioni degli ultimi giorni, Berlusconi ama chiamarlo. Dopo lo scoop del Fatto, gli ispettori a Trani e gli strali del premier, Minzolini è diventato il ricercato numero uno. Non solo nel senso che il mondo dell’informazione, nelle sue componenti sindacali, non perde occasione per stigmatizzare il suo atteggiamento di presunta accondiscendenza nei riguardi del governo, ma anche nel senso che – nel pieno della campagna elettorale – il direttore del Tg1 ha più richieste d’intervista dei candidati politici. Vigente il regime di par condicio (essendo coinvolto nel caso anche Berlusconi, in tv non se ne può discutere nei talk show), "Minzo" ha concesso negli ultimi due giorni due interviste: una per la stampa ed una per il web. Intervistato da Beatrice Borromeo, del Fatto Quotidiano, ha rigettato ogni accusa riferita al suo presunto "rapporto stretto" con Berlusconi, smentendo di aver fornito rassicurazioni al premier riguardo alla messa in onda delle dichiarazioni del pentito Spatuzza e sentendosi offeso dall’accusa d’esser diventato "simbolo della disinformazione". A dire il vero, alle domande dirette e circostanziate della giornalista ex Annozero, il direttore ha risposto con una serie di "io non mento mai", "io non ho mai mentito", "no, assolutamente no" e "questo lo dice lei", senza però fornire alcuna spiegazione riguardo la sua situazione. Situazione che, quantunque non dovesse esser ritenuta penalmente rilevante, è stata deplorata a più riprese dai rappresentanti sindacali della Fnsi e dell’Usigrai, il sindacato autonomo dei giornalisti Rai. "Si faccia subito chiarezza e si sgombri il campo da inquietanti ombre", aveva ammonito il segretario generale della Fnsi, Franco Siddi, intervenuto alcuni giorni fa a Milano. "Se confermate le interferenze e le pressioni (con relativo ascolto) su un consigliere di un’Autorità di Garanzia (Innocenzi, ndr), come quella delle Comunicazioni – ha continuato -, per cancellare programmi non graditi e gli interventi sul direttore del Tg1, per orientare informazioni altrimenti sgradite dal presidente del Consiglio, significa che si e’ passata la soglia della tollerabilità". Intervenuto sulla stessa questione, il Presidente Roberto Natale è stato ancor più duro: "Le scandalose intercettazioni di cui oggi parla il Fatto – ha detto – dicono che deve essere massimo il grado di allarme per il tentativo di stravolgere il ruolo dell’informazione e le funzioni di garanzia. Al vertice Rai, che a maggioranza ha vergognosamente deciso di assecondare almeno per un mese le smanie censorie del Presidente del Consiglio, chiediamo un soprassalto di dignità: ripristinando nei palinsesti gli approfondimenti politici e trattando il direttore del Tg1 come merita chi ha confuso il servizio pubblico col servilismo". E, riferendosi all’Agcom: "Ma questa vicenda chiama in causa pesantemente anche l’Agcom: se l’Autorità vuole essere credibile nel suo ruolo di arbitro, non può rimanere ancora una volta privo di conseguenze e di sanzioni il comportamento del commissario Innocenzi, che già ai tempi della vicenda Saccà si era comportato da fazioso portaordini del Presidente Berlusconi". La questione deontologica, poi, la tira fuori Carlo Verna dell’Usigrai che, in una nota congiunta con Natale, punta il dito contro il comportamento di Minzolini: "Il sindacato dei giornalisti – si legge – non ha nemmeno sfiorato la questione di un eventuale procedimento giudiziario a carico del Direttore del Tg1. Il punto decisivo è se un direttore di testata possa avere un rapporto così subalterno e servile con un esponente politico-istituzionale. Non abbiamo parlato di reati: c’è invece un elementare dovere di dignità professionale, che quelle intercettazioni mostrano essere stato platealmente violato. Un direttore non concorda i suoi editoriali con nessun politico, di governo o di opposizione". Durissime le parole del sindacato, ma Minzolini non demorde. Intervistato ieri da Enrico Mentana nel suo Mentana Condicio, online sul sito corriere.it, il direttore ha replicato: "Non cambio – ha sbottato – il mio tg è equilibrato, lo dicono gli ascolti". Poi, come nell’intervista precedente, ha semplicemente rimandato al mittente qualunque attacco su un presunto "filo diretto" che lo legherebbe al premier, definito comunque, "il politico più moderno che c’è". "Sono indipendente, autonomo e mi comporto da giornalista", ha poi sostenuto in un impeto d’orgoglio professionale, liquidando con una frase smorzata a tutti gli esempi portato da Mentana sui presunti casi che dimostrerebbero la sua condiscendenza nei confronti di Berlusconi. In sostanza, i suoi ormai celebri "editoriali". "Non so neppure se prenderò un avvocato", ha infine annunciato, per difendersi dall’"ignobile" articolo apparso sulle pagine del Fatto. Articolo cui probabilmente non ha dato neanche uno sguardo, dal momento che ha etichettato il quotidiano come "un giornale che non leggo". (L.B. per NL)