Europa 7, la “tv che non c’è”, avrebbe dovuto iniziare le proprie trasmissioni nel luglio scorso. Ciò in ossequio al provvedimento ministeriale del dicembre 2008 di assegnazione su tutto il territorio nazionale del canale VHF 8, per trasmissioni analogiche o digitali (nei territori progressivamente sottoposti a switch-off), in esito alle indicazioni fornite dalle decisioni della Corte di Giustizia Europea. I programmi però non sono stati avviati (né pare gli impianti siano stati allestiti), perché l’editore Francesco Di Stefano ritiene tale risorsa insufficiente per l’attività di radiodiffusione su scala nazionale. A riguardo, va detto che già nel marzo 2009 l’imprenditore romano aveva presentato un ricorso al TAR del Lazio contro il provvedimento di assegnazione del canale VHF 8, chiedendone un’integrazione, atteso che, a suo dire, tale risorsa non avrebbe consentito il livello minimo di illuminazione previsto dalla concessione del 1999 (80% del territorio e 95% della popolazione), raggiungendo al più il 10% del territorio ed il 18% della popolazione (sulla base di una perizia di parte). Di parere contrario il MSE-Com, secondo il quale il canale assegnato, se opportunamente impiegato (cioè puntualmente pianificato a livello d’installazione), avrebbe agevolmente consentito di raggiungere il 70% della popolazione, mentre la capillarizzazione del servizio avrebbe potuto essere rinviata ad una fase successiva. Posizioni inconciliabili (più che altro perché di principio), tanto che per Di Stefano una partenza dell’emittente con una consistenza impiantistica limitata ne avrebbe determinato il fallimento "sicuro" in sei mesi (suscitando critiche feroci da parte di coloro che rinvenivano in ciò la conferma che l’obiettivo dell’imprenditore non fosse mai stato quello di realizzare una tv "di contenuti"). Per parte propria, l’MSE-Com pare consideri impossibile procedere ad un’integrazione dell’assegnazione fino alla completa digitalizzazione dell’etere nazionale. Considerazione tutto sommato condivisibile, atteso che già potrebbero non esservi risorse frequenziali per tutti i soggetti attualmente operanti, sicché un nuovo provvedimento a favore di Europa 7 potrebbe determinare una spirala di ricorsi giudiziari da parte delle altre emittenti in grado di far collassate l’intera procedura di traduzione dell’etere analogico in numerico. L’editore della “tv che non c’è” non intende però mollare, sicché ha deciso di starsene con le braccia conserte finché qualcuno non gli darà quel che i giudici italiani ed europei hanno ritenuto che gli spetti (per via del pasticcio giuridico-amministrativo iniziale: quell’assurda gara di assegnazione delle concessioni del 1999, foriera dell’incredibile vicenda di cui si parla). La questione rischia però di complicarsi più di quanto lo sia già, posto che se Di Stefano non rispetterà i tempi di allestimento e messa in funzione della rete il Ministero potrà (anzi, dovrà) disporre "la revoca ovvero la riduzione dell’assegnazione", ai sensi e per gli effetti dell’art. 52 c. 3 del D. Lgs 177/2005, il quale statuisce ciò “In caso di mancato rispetto dei principi di cui all’articolo 42, comma 1, o comunque in caso di mancato utilizzo delle radiofrequenze assegnate". Tali misure sono infatti adottate qualora il soggetto interessato, "avvisato dell’inizio del procedimento ed invitato a regolarizzare la propria attività di trasmissione non vi provvede nel termine di sei mesi dalla data di ricezione dell’ingiunzione”. Non può non rilevarsi, infatti, che l’art. 42 c. 1 del predetto Testo Unico della Radiotelevisione prescrive in capo ai soggetti che svolgono attività di radiodiffusione l’obbligo di ”assicurare un uso efficiente delle frequenze radio ad essi assegnate, ed in particolare a: a) garantire l’integrità e l’efficienza della propria rete; b) minimizzare l’impatto ambientale in conformità alla normativa urbanistica e ambientale nazionale, regionale, provinciale e locale; c) evitare rischi per la salute umana, nel rispetto della normativa nazionale e internazionale; d) garantire la qualità dei segnali irradiati, conformemente alle prescrizioni tecniche fissate dall’Autorità ed a quelle emanate in sede internazionale; e) assicurare adeguata copertura del bacino di utenza assegnato e risultante dal titolo abilitativo; f) assicurare che le proprie emissioni non provochino interferenze con altre emissioni lecite di radiofrequenze; g) rispettare le norme concernenti la protezione delle radiocomunicazioni relative all’assistenza e alla sicurezza del volo di cui alla legge 8 aprile 1983, n. 110, estese, in quanto applicabili, alle bande di frequenze assegnate ai servizi di polizia ed agli altri servizi pubblici essenziali”. E’ lecito quindi attendersi che l’MSE-Com diffidi Europa 7 dal persistere dal disattendere l’obbligo di fare un “uso efficiente” della capacità trasmissiva e che l’emittente impugni tale provvedimento avanti al TAR Lazio, magari per "motivi aggiunti" nell’ambito del ricorso contro l’atto amministrativo di assegnazione del canale VHF 8 già pendente avanti a tale organo giurisdizionale. E’ poi possibile che, dopo la diffida, segua un provvedimento amministrativo di revoca o di riduzione dell’assegnazione che, a sua volta, sarà ragionevolmente oggetto di impugnazione avanti alla medesima autorità giudiziaria (probabilmente con istanza cautelare di sospensione dell’efficacia). Una situazione di per sé potenzialmente esplosiva, resa ancora più complessa dal fatto che Europa 7 sarà, nel frattempo, destinataria di determinazioni di attribuzione di diritti d’uso temporaneo di frequenze da utilizzare nelle singole aree tecniche individuate dal programma di migrazione digitale. Dette determinazioni, a loro volta, assegnano termini di sei mesi per la realizzazione e l’attivazione delle reti areali; scadenze che occorrerà stabilire se hanno natura ordinatoria o perentoria. Ben si può quindi comprendere come il problema di Europa 7 non sia rilevante in relazione ai soli interessi legittimi della medesima, potendo, in conseguenza di eventuali pronunciamenti della magistratura amministrativa, avere riflessi sull’intero processo di digitalizzazione televisiva italiana.