Tv locali: strategie diverse, stesse difficoltà

La vita si fa dura per le emittenti relegate in un angolo (commerciale) dal trio Rai-Mediaset-Telecom e dalla progressiva diffusione di Sky


Come da noi annunciato con largo anticipo, l’ingresso di Sky nel mercato italiano della raccolta pubblicitaria sta creando non pochi problemi alle televisioni tradizionali. La pay tv targata Murdoch, solo nel 2007, ha raccolto più di 240 milioni di euro in pubblicità, sottraendoli alle tv tradizionali. A soffrirne sono soprattutto le tv locali (siano esse su scala interprovinciale, regionale o superstation), che si sono viste soffiare sotto il naso ben il 20% dei telespettatori, per il semplice fatto che gli abbonati Sky vedono tutto sulla relativa piattaforma (dove insiste anche Rai e Mediaset). Il fatto è che per avere accesso alle tv locali, gli utenti dovrebbero passare dal decoder alla televisione tradizionale (soprattutto cambiando telecomando). Si tratta di una questione di pigrizia, insomma; che però costa caro a tutta quella serie di canali che vengono penalizzati per il fatto di non trasmettere in tutta Italia e quindi di non avere un’identica presintonizzazione. Come fanno queste realtà a sopravvivere? La ricetta sembra essere costituita da un mix di tempestive ed accurate notizie (confezionate con buona fattura) dal territorio e nostalgici film d’annata. Su queste basi intraprendenti editori locali hanno costruito dei piccoli feudi che permettono loro di portarsi a casa ogni anno qualche milione di euro, che, quanto meno, contribuiscono, insieme ai contributi statali, a coprire le ingenti spese aziendali. Le strategie competitive adottate da queste realtà imprenditoriali sono sostanzialmente due: ci si radica in una regione e si cerca di diventare la voce del cittadino(come fanno Telenorba, Telelombardia e Telenova) o si tenta di costruire, tramite complicate alchimie, un sostanziale network nazionale nel tentativo di competere (per modo di dire) con la diffusione di Rai e Mediaset (come fanno OdeonTv, 7 Gold e Canale Italia). Il risultato però è sempre lo stesso: al massimo l’1,5% di share. E’ comprensibile quindi che l’esistenza di queste realtà sia minacciata dai big player come Sky. Per evitare di essere divorati, il sistema delle emittenti locali dovrà, gioco forza, essere profondamente ristrutturato. La strada non potrà che passare dalla specializzazione (soprattutto nell’informazione) e dall’integrazione delle tecnologie. Da tempo questo periodico sostiene che più che il digitale terrestre, una nicchia di mercato a disposizione delle emittenti locali è determinata dalla possibilità di domiciliare in podcast su internet gli storici contributi audiovisivi (soprattutto programmi di caratura locale ed informazioni) accumulati in anni di attività, dando al pubblico la possibilità di scaricare e vedere vecchi programmi sul televisore di casa con qualità digitale, così come di consentire di accedere all’informazione locale audiovisiva in qualsiasi momento della giornata. Un’attività per per forza di cose le reti nazionali non possono svolgere e che consentirebbe agli editori locali di testare un nuovo mercato pubblicitario. (Davide Agazzi per NL)

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