Nei prossimi giorni il Ministero delle imprese e del made in Italy, in esito al giudizio di legittimità costituzionale sul cd. scalino preferenziale (definito con sentenza 44/2025 della Consulta), avvierà le procedure per l’erogazione del saldo dei contributi delle annualità 2023 e 2024 (pari al 10%), trattenuto in via cautelare, alle tv commerciali collocate nelle prime 100 posizioni.
Sintesi
Nei prossimi giorni il Ministero delle Imprese e del Made in Italy (MIMIT) procederà all’erogazione del saldo del 10% dei contributi 2023-2024 alle prime 100 emittenti televisive locali, trattenuto in attesa della pronuncia della Corte Costituzionale sulla legittimità del cosiddetto scalino preferenziale previsto dal DPR 146/2017. Il via libera giunge in seguito alla sentenza n. 44/2025 della Consulta, che ha confermato la coerenza costituzionale della struttura del regolamento, ispirato a una logica meritocratica.
Il pronunciamento della Corte ha rigettato i dubbi di legittimità costituzionale sollevati in merito all’articolo 4-bis del DL 91/2018 e all’art. 13, comma 1-bis, del DL 145/2023, ribadendo la centralità delle prime 100 emittenti nella ripartizione delle risorse del Fondo per il pluralismo e l’innovazione dell’informazione. Il 95% dei fondi, com’è noto, viene riservato a queste realtà, mentre il restante 5% va alle emittenti escluse dal ranking prioritario.
Nel merito, la Consulta ha escluso che vi sia stata una violazione dell’art. 77 della Costituzione in fase di conversione dei decreti, riconoscendo un nesso di coerenza tra le norme originarie e quelle interpretative. Di fatto, l’art. 13, comma 1-bis, è stato considerato come un chiarimento del significato già desumibile dell’articolo 4-bis, senza introdurre nuovi elementi normativi.
La decisione, sebbene formalmente rispettosa della separazione dei poteri, solleva perplessità sotto il profilo sostanziale, in quanto legittima una norma retroattiva che neutralizza gli effetti di un giudicato amministrativo.
Una scelta che apre a scenari di conflitto tra potere legislativo e giurisdizionale, potenzialmente destinati a essere esaminati anche in sede CEDU.
Nel complesso, la sentenza 44/2025 riconferma la ratio meritocratica del DPR 146/2017, valorizzando il ruolo delle prime 100 emittenti come cardine per il pluralismo informativo e la sostenibilità del comparto locale.
Resta tuttavia il paradosso: i ricorrenti, che hanno sollevato la questione di legittimità, si trovano oggi indeboliti da una pronuncia che legittima il modello che intendevano contestare.
Saldo del 10% delle annualità 2023 e 2024 ex DPR 146/2017 delle tv commerciali in esito a sentenza Consulta 44/2025
Il Ministero delle imprese e del made in Italy, “tenuto conto della Sentenza della Corte costituzionale 2025 n. 44, in attesa della quale era stato trattenuto il 10% delle somme assegnate per le annualità 2023 e 2024 alle tv commerciali che si erano collocate in graduatoria nelle prime 100 posizioni“, ha reso noto, con annuncio in data odierna, “che nei prossimi giorni verranno avviati gli atti propedeutici alla erogazione del saldo per liquidare gli importi spettanti”.
La struttura e la ratio del DPR 146/2017 secondo la sentenza 44/2025 della Consulta
Nel merito, ricordiamo che la Corte Costituzionale, nel pronunciarsi – con la sent. 44/2025 – sui giudizi di legittimità costituzionale concernenti l’articolo 4-bis del decreto-legge n. 91/2018 e l’articolo 13, comma 1-bis, del decreto-legge n. 145/2023, ha avuto modo di esaminare la struttura e la ratio del Decreto del Presidente della Repubblica n. 146 del 2017.
Fondo per il pluralismo e l’innovazione dell’informazione
Cioè il regolamento che disciplina i criteri di riparto delle risorse del Fondo per il pluralismo e l’innovazione dell’informazione.
Logica meritocratica
In tale analisi, la Corte ha implicitamente ribadito la logica intrinsecamente meritocratica che informa il d.P.R. n. 146/2017. Tale logica si manifesta chiaramente nella previsione di meccanismi di allocazione delle risorse che premiano le emittenti in base a criteri di valutazione specifici, volti a incentivare la qualità dell’informazione, il sostegno all’occupazione e l’innovazione tecnologica nel settore radiotelevisivo locale.
La logica dello scalino
In linea con tale impostazione meritocratica, la Consulta, con la sent. 44/2025, ha preso atto della centralità attribuita dal d.P.R. n. 146/2017 alle prime cento emittenti classificate nella graduatoria.
La piramide della (dis)uguaglianza
Il meccanismo cd. dello scalino preferenziale, previsto dall’articolo 6, comma 2, del regolamento, destina una quota significativamente maggiore delle risorse disponibili (il 95%) a queste emittenti.
Il ruolo preminente delle prime 100 emittenti…
Tale previsione evidenzia come il regolamento consideri l’apporto del primo centinaio di fornitori servizi di media audiovisivi come preminente e fondamentale per il perseguimento degli obiettivi di pubblico interesse sottesi al Fondo, quali la promozione del pluralismo informativo ed il sostegno al settore.
… e la natura residuale del sostegno alle altre
Di contro, la restante quota del 5% destinata alle emittenti classificate oltre la centesima posizione viene implicitamente considerata dalla logica del regolamento come un sostegno di natura più residuale, pur riconoscendone la potenziale importanza nel panorama complessivo dell’informazione locale.
Intrinseca differenziazione
La Corte, pur non esprimendosi direttamente sulla bontà di tale ripartizione, ha operato la sua valutazione costituzionale tenendo presente questa intrinseca differenziazione voluta dal regolamento.
Pretesa violazione dell’articolo 77 Cost.
Un punto cruciale affrontato dalla Consulta riguarda la presunta violazione dell’articolo 77 della Costituzione, sollevata dal Consiglio di Stato in merito alla omogeneità delle disposizioni introdotte in sede di conversione dei decreti-legge.
Non fondatezza
Al riguardo, è fondamentale evidenziare come la Corte, pur prendendo in considerazione le argomentazioni del rimettente, abbia sottolineato la non fondatezza della pretesa violazione dell’articolo 77 Cost.
Nesso di coerenza materiale funzionale tra norme originarie e derivate
La Corte ha analizzato il nesso di coerenza materiale e funzionale tra le disposizioni introdotte in sede di conversione e il contenuto originario dei decreti-legge, fornendo una propria interpretazione che, pur nel rispetto dei principi giurisprudenziali consolidati in materia, non ha ritenuto sussistente la denunciata eterogeneità tale da inficiare la legittimità costituzionale delle norme impugnate sotto questo profilo.
Validità del procedimento legislativo sotteso
Si tratta di un aspetto della decisione della Corte di particolare rilievo, in quanto ristabilisce la validità del procedimento legislativo seguito per l’approvazione delle norme in questione, superando i dubbi sollevati dal giudice a quo.
L’articolo 13, comma 1-bis…
Un ulteriore elemento centrale nella motivazione della Corte riguarda la natura e la portata dell’articolo 13, comma 1-bis, del decreto-legge n. 145/2023, che interpretava l’articolo 4-bis del decreto-legge n. 91/2018.
… non ha innovato la norma di riferimento (art. 4-bis DL 91/2018)
Su questo punto, la Consulta ha evidenziato come tale disposizione interpretativa non abbia introdotto una nuova disciplina o modificato sostanzialmente la portata precettiva dell’articolo 4-bis del d.l. n. 91/2018.
Il significato dell’espressione “da intendersi qui integralmente riportato”
Piuttosto, l’articolo 13, comma 1-bis, ha fornito una chiarificazione del significato che il legislatore intendeva attribuire all’espressione “da intendersi qui integralmente riportato” contenuta nell’articolo 4-bis. In sostanza, la Corte ha riconosciuto che l’intervento del 2023 ha esplicitato una interpretazione già plausibile e desumibile dal testo dell’articolo 4-bis.
La volontà del legislatore del 2018
Così confermando la volontà del legislatore del 2018 di attribuire valore di legge all’intero contenuto del d.P.R. n. 146/2017 a partire dalla sua entrata in vigore.
Funzione meramente ricognitiva e interpretativa
In questo senso, il giudice delle leggi ha sottolineato come l’articolo 13, comma 1-bis, avesse una funzione meramente ricognitiva e interpretativa, senza introdurre elementi di novità rispetto alla norma interpretata.
Dubbi sull’aspetto relativo al giudicato amministrativo
Tuttavia, tale interpretazione, di fatto, ha ritenuto legittima la norma che ha “ripristinato retroattivamente” una disposizione del regolamento già annullata dal Consiglio di Stato, negando che ciò costituisse violazione del giudicato.
Valorizzazione dell’interesse pubblico
La Corte, in estrema sintesi, ha valorizzato l’interesse pubblico alla continuità dei contributi alle emittenti locali, escludendo un’invasione del potere giurisdizionale.
Perplessità
Tuttavia, il ragionamento solleva perplessità: pur non incidendo formalmente sulle sentenze definitive, la norma finisce per neutralizzarne gli effetti.
Precedente pericoloso
Aprendo a un precedente potenzialmente pericoloso che rischia di indebolire la separazione dei poteri e la certezza del diritto.
Confini tra norma interpretativa e abuso del diritto
Per quanto gli aspetti relativi alla portata dell’interpretazione autentica fornita in via legislativa siano stati trattati in maniera approfondita e articolata, sarebbe forse stato opportuno soffermarsi ulteriormente sui limiti all’utilizzo di tale tipologia di norme affinché non si configuri un abuso del diritto e non si verifichi un conflitto tra poteri dello stato, attesi, appunto, i giudizi pendenti.
Possibile ricorso alla CEDU
Non si esclude che tali aspetti possano essere trattati ulteriormente in un possibile ricorso alla Corte europea dei diritti dell’uomo (CEDU), per dirimere eventuali questioni di diritto rimaste dubbie e passibili di differenti interpretazioni.
Logica meritocratica del d.P.R 146/2017
In conclusione, con la sent. 44/2025 la Corte Costituzionale, pur affrontando diverse questioni di legittimità, si muove nel solco di una implicita conferma della logica meritocratica sottesa al d.P.R. n. 146/2017, che valorizza il ruolo delle prime 100 emittenti, e smentisce la fondatezza della censura relativa alla violazione dell’articolo 77 Cost., chiarendo altresì la natura non innovativa dell’intervento interpretativo, di cui all’articolo 13, comma 1-bis, del d.l. n. 145/2023.
Il paradosso dei ricorrenti nella sent. 44/2025
In definitiva, la posizione di chi, coi propri ricorsi aveva indirettamente stimolato l’intervento della Consulta, è uscita indebolita dalla sentenza de qua. (A.N. per NL)