"L’evoluzione tecnologica sta spingendo sempre più verso l’ingresso massiccio dei telefonici attraverso la Lte. Così le tivù hanno dovuto cedere frequenze della banda 800 e presto ne spariranno altre della banda 700".
Questo, in sisntesi, è il (nuovo) pensiero del presidente dell’Associazione Tv Locali della Federazione Radio Televisioni (FRT) ed editore della tv locale lombarda Espansione Tv (Como), Maurizio Giunco, espresso in un’intervista rilasciata al periodico Prima Comunicazione. "Il sistema televisivo, finora basato sull’asset delle frequenze, cambia radicalmente. È la conseguenza di una scelta fondata su una modalità di assegnazione di bandi regionali per cui l’unico obiettivo è stato quello di eliminare le emittenti locali. Un risultato da raggiungere senza alcun serio criterio di selezione", spiega Giunco, che pure era stato uno dei grandi sostenitori di un radioso futuro come carrier degli editori televisivi locali nello scenario digitale. "È vero – continua l’esponente della FRT – in Italia c’è un numero impressionante di televisioni locali, di cui la maggioranza non ha dignità editoriale e consistenza patrimoniale. Ma se si deve fare una selezione, bisogna partire da un modello di business che, andando anche alle origini delle tivù commerciali, si basi sulla loro funzione informativa e di intrattenimento sul territorio." Allinenandosi all’orientamento espresso nell’ultimo quinquennio da questo periodico e cambiando radicalmente le sue passate opinioni, Giunco afferma oggi: "Le frequenze hanno perso valore mentre è enormemente cresciuto quello dei contenuti, ormai elemento strategico di tutto il sistema". Ragion per cui, "al futuro governo chiediamo di ridisegnare completamente il sistema per salvare l’emittenza locale che è ancora un elemento culturale importante di un Paese che, per la sua storia e per la sua conformazione geografica, è composto da molteplici culture". Il presidente dell’Associazione Tv Locali FRT propone, un po’ demagogicamente, di "mettersi intorno a un tavolo insieme al governo e ai maggiori operatori (Rai, Mediaset, Sky, La7) e cercare di far emergere i problemi comuni". Battendo sul chiodo dell’atavico problema dello scoordinamento degli operatori tv locali nelle relazioni istituzionali, l’editore comasco dichiara: "Se nel rapporto con la politica continuiamo ad agire su punti particolari o a richiedere solo assistenza economica, ci limiteremo a piccole battaglie e metteremo delle toppe che non eviteranno la scomparsa del settore. Invece, dobbiamo fare in modo, come in altri Paesi, che chi richiede una concessione dia allo Stato delle garanzie sul saper svolgere concretamente un ruolo. Insomma, si può anche scendere da 600 a 60-80 operatori e da 2 mila a 100 canali, ma quelli che rimarranno dovranno sapere effettivamente fare televisione e saper stare sul mercato." (E.G. per NL)