Mediapason (Telelombardia) si ristruttura con piano industriale per il triennio 2017-2020 che prevede la riduzione dei costi operativi e del lavoro. In attesa dei nuovi contributi.
Continuano le difficoltà economico-finanziarie delle grandi emittenti televisive locali italiane, causate da una parte dal calo degli investimenti pubblicitari e dal sempre minore appeal editoriale che rivestono verso l’utenza e, dall’altro, dalla riduzione dei contributi che per molti anni avevano sostenuto conti economici importanti.
Come abbiamo più volte annotato, la progressiva riduzione delle provviste pubbliche ha inciso soprattutto sui bilanci dei grandi gruppi televisivi locali che niente affatto raramente si erano dimensionati (quanto a dipendenti) proprio per goderne appieno, seguendo una pericolossima strategia: era infatti evidente da subito che i contributistatali avrebbero potuto diminuire o cessare con effetto immediato, mentre i costi fissi non avrebbero potuto adeguarsi con la stessa rapidità.
Così, purtroppo, è stato, con l’effetto che i giganti dai piedi d’argilla, alla chiusura dei rubinetti governativi, sono letteralmente crollati sotto il loro stesso peso finendo spesso in procedure concorsuali (per questo motivi, paradossalmente, in default sono più le superstation che le piccole stazioni, avendo queste ultime una maggior capacità di adeguarsi ai minori ricavi, attraverso una gestione fisarmonica).
Tra i gruppi televisivi televisivi in cronica difficoltà vi è Mediapason, la società milanese che controlla, tra le altre, le tv locali Telelombardia, Antenna 3 e Top Calcio 24, che ha chiuso l’esercizio 2016 con perdite consolidate per 3,2 milioni e debiti verso le banche per 7,1 mln di euro, un residuo di 17,7 mln di euro di rate sul contratto di leasing immobiliare relativo all’imponente (anzi, per molti “eccessiva”) sede di Via Colico 21 a Milano, cui si aggiunge una svalutazione di 2,2 mln di euro della partecipazione in Telelombardia srl.
Eppure, spiega il quotidiano ItaliaOggi che ha dedicato attenzione alla condizione economica dell’importante player, Telelombardia, ha un’audience rilevante, ancorché in calo (qui i dati Auditel 2017) e lo stesso gruppo, peraltro, nel 2016 ha lanciato il canale Top Planet, dedicato alla Juventus, mentre Top Calcio 24, qualora si sommassero anche le fruizioni conseguite attraverso la declinazione nazionale (LCN 62), sarebbe in assoluto il primo canale locale in Italia. Ciò nonostante, la quadratura del conto economico appare lontana, tanto che il 28 giugno è stato approvato il nuovo piano industriale 2017-2020 che tenterà l’ennesimo rilancio attraverso una ulteriore riduzione dei costi operativi (già diminuiti dell’8% nel 2016 vs 2015) e del costo del lavoro (-2%) relativamente a Telelombardia srl (la società operativa della Mediapason), che ha un organigramma costituito da tre dirigenti, quattro quadri, 112 impiegati e due operai (ItaliaOggi annota come sia curioso che nel bilancio della società non si parli mai della categoria dei giornalisti), a fronte di perdite nel 2016 per 2,2 mln di euro (2,6 mln nel 2015) e ricavi per 11, di cui 8,3 caratteristici (8,9 nel 2015) e 2,6 di contribuzioni varie (2,7 nel 2015). Quanto ai ricavi caratteristici, la pubblicità tabellare nazionale e locale è valsa 4,8 milioni di euro, le televendite 2, le attività per enti pubblici 276 mila euro e l’affitto di banda 471 mila euro. La situazione è ancora tanto complessa che – spiega I.O. – il gruppo “nel corso del 2016 non è riuscito a procedere al regolare pagamento di alcuni debiti bancari e di altri debiti verso società di leasing. Inoltre, sia nel 2015 sia nel 2016, sono saltati una serie di covenant che invece Mediapason si era impegnato a rispettare con gli istituti finanziari con cui aveva firmato un accordo di risanamento nel 2014. Istituti che, quindi, avrebbero potuto recedere dall’accordo e decretare, in sostanza, il crack del gruppo televisivo”.
Va detto, tuttavia, che in aiuto di Mediapason ed in generale delle grandi emittenti tv locali potrà tornare lo Stato attraverso l’avvenuta approvazione controversa riforma delle contribuzioni pubbliche (dopo le censure del Consiglio di Stato in sede consultiva), che, come risaputo, premierà solo i grandi player con numerosi dipendenti (giornalisti in primis), audience certificata e strutture industriali, abbandonando al proprio destino le piccole televisivioni locali. (M.L. per NL)