La settimana a venire sarà un’altra di quelle incandescenti per il tormentato digitale terrestre italiano.
Il 1° marzo si riunirà infatti il CNID per definire il calendario migratorio per il completamento della transizione al DTT. All’ordine del giorno vi sarà la conclusione degli switch-off areali entro il 2011 (l’attuale piano prevede il termine a fine 2012), per evitare contrasti con la legge di Stabilità che impone di assegnare entro settembre il dividendo esterno – cioè i canali 61/69 UHF – agli operatori tlc per il potenziamento della banda larga in mobilità. A riguardo, nei giorni scorsi è stata avanzata dalle tv locali la proposta di destinare ai telefonici – che non possono attendere ulteriormente perché la pressione sulla rete internet dei dispositivi mobili è ormai insostenibile – non già le frequenze del dividendo esterno, che renderebbe impossibile, per scarsità di risorse, la conversione al ruolo di operatori di rete di tutti gli attuali concessionari locali nelle aree da digitalizzare integralmente, bensì quelle del dividendo interno. In pratica, si dice, anziché regalare (con la formula del “beauty contest”) frequenze a nuovi network provider nazionali, trasformiamole nel digital dividend esterno. Ovviamente si tratta di un’ipotesi irrealizzabile sul piano giuridico, visto che esporrebbe l’Italia a pesantissime sanzioni economiche dell’UE (il nostro mercato tv è ancora intollerabilmente chiuso); tuttavia essa potrebbe essere ben accolta dai grandi player nazionali, che certamente non attendono a braccia aperte i nuovi entranti/nuovi concorrenti. E allora, chissà mai che ci scappi una nuova alleanza tra locali e nazionali. Di quelle vincenti, come l’esperienza DGTVI ha dimostrato.