“Cose dell’altro mondo” è una commedia, diretta da Francesco Patierno e interpretata, tra gli altri, da Diego Abatantuono e Valerio Mastrandrea, che racconta la paradossale storia di un esodo di massa dei cittadini stranieri extracomunitari che vivono in Italia.
Il film ha come fine quello di mettere gli italiani davanti all’evidenza della loro dipendenza dai lavoratori immigrati, quelli che fanno i mestieri che gli italiani non farebbero, quelli che mandano avanti le fabbriche, nel Nord-Est come in altre parti d’Italia, quelli che si occupano ormai dei campi, della raccolta dei pomodori in Puglia, che fanno da badanti ai nostri figli e ai nostri genitori o nonni, quelli, in sostanza, che rappresentano oramai un aspetto imprescindibile della nostra società. Quelli, certo, che a volte sono anche irregolari, senza un lavoro, che delinquono. Cosa succederebbe in Italia (e in ogni altro paese industrializzato) se un giorno decidessero tutti, per assurdo, di fare le valigie e tornare ai propri paesi? In Italia, certo, si è sviluppato negli ultimi anni un sentimento di irritazione nei loro confronti, animato da fatti di cronaca a volte pubblicizzati in modo strumentale, da partiti che hanno fatto della lotta all’immigrazione irregolare uno dei loro punti di forza, degli esponenti politici che spesso, troppo spesso, approfittano di politiche a volte giuste per dar sfogo a un innegabile xenofobia di fondo. In Italia gli immigrati sono malvisti, c’è poco da fare, e in alcune regioni lo sono ancor di più. È anche vero, però, che l’Italia non è l’unico paese dove tale sentimento si sta sviluppando. Ultimamente, dall’Austria alla Svezia, dalla Finlandia, dalla Francia alla Germania e al Regno Unito, lo sviluppo di movimenti xenofobi, d’estrema destra, è un fatto sotto gli occhi di tutti. Il multiculturalismo è fallito, come ha detto la Merkel e hanno chiosato Sarkozy e Cameron? È probabile. È la diffusione di governi conservatori in tutt’Europa a stimolare questo dibattito? O è la gente, che i governi conservatori li vota, ad essere stanca? Fatto sta che i veneti sono insorti contro Abatantuono e contro il regista Patierno. Alla presentazione del trailer (visionabile su Youtube, mentre il film uscirà nelle sale solo a settembre, dopo il Festival del Cinema di Venezia, cui parteciperà) si è sollevato un gran polverone. E ci mancava pure l’interrogazione parlamentare, presentata dal leghista Bitonci, a completare il quadro. Decine di forum online hanno preso ad attaccare l’attore milanese, etichettato come “attore da quattro soldi”, “diffamatorio e razzista”, eccetera. Non sono mancate anche le critiche positive, però. Il tutto avendo visto appena un minuto e trentasette di film, con Abatantuono in versione predicatore televisivo, dagli studi della sua piccola tv locale, che sogna un’Italia senza stranieri e che assomiglia lontanamente a quel Giorgio Panto, ex patron di Antenna 3 scomparso nel 2007, che della lotta agli immigrati, col suo Progetto Nordest, aveva fatto uno dei suoi cavalli di battaglia. Gli assomiglia così tanto, secondo il figlio Thomas, da offenderne la memoria: “li querelo tutti” ha infatti annunciato, come si legge dalle pagine del Corriere. Ma poi in fin dei conti di cosa ci si lamenta? Mica le commedie sono fatte per accentuare i vizi e le virtù dei popoli? E mica un sentimento come quello espresso dall’editore-predicatore Abatantuono esiste ed è radicato davvero in alcune zone d’italia (pur senza generalizzare)? Allora di cosa ci lamentiamo? Oppure, se proprio vogliamo lamentarci, aspettiamo almeno che esca il film. (G.C. per NL)