Tv locali, contributi ex L. 448/1998. Normativa di dubbia interpretazione mette a rischio imprese. Urge intervento chiarificatore

Il recente caso giudiziario dell’emittente emiliana Teleducato, colpita da provvedimenti restrittivi del Tribunale di Parma a seguito di un procedimento penale per presunta truffa aggravata ai danni dello Stato e falsità ideologica in capo all’amministratore, nell’ambito delle domande per l’ottenimento dei contributi ex L. 448/1998 stanziati per la regione Emilia Romagna, riformati la scorsa settimana dal Tribunale del Riesame, suggerisce l’opportunità di un intervento legislativo per dipanare le eccessive zone d’ombre di una regolamentazione contraddittoria, discrezionale e farraginosa.

Tra i principali nodi da sciogliere da parte del legislatore che dovrà necessariamente interpretare in maniera vincolante la norma, ovvero riformarla, vi è, nell’ambito dei soggetti che eserciscono più imprese (fornitori di servizi di media audiovisivi) di derivazione analogica (le originarie concessioni per la radiodiffusione televisiva su scala locale), la gestione delle risorse produttive (cioè i dipendenti) funzionale alle necessità aziendali che, allo stato, non risulta preclusa dalla specifica normativa lavoristica, ma che troppo spesso è tacciata di strumentalizzazione ai fini dell’attribuzione di un maggior punteggio di una o l’altra emittente. E ciò senza considerare che una tale opzione appare legittima anche ai sensi del decreto del Ministero delle Comunicazioni 05/11/2004, n. 292. Il richiamato regolamento, infatti, prescrive il requisito minimo di 4 (quattro) dipendenti per l’accesso ai contributi ex L. n. 448/1998, riportandosi (art. 5, comma 2) a quanto disposto dall’art. 6, comma 3, della deliberazione dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni 1° dicembre 1998, n. 78. Testualmente: “Non è consentito l’inserimento in graduatoria di emittenti che dichiarino nella domanda di possedere un numero di dipendenti o soci lavoratori inferiore a quello previsto dall’articolo 6, comma 3 , della deliberazione dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni 1° dicembre 1998, n. 78, approvativa del regolamento per il rilascio delle concessioni per la radiodiffusione televisiva privata su frequenze terrestri e successive modificazioni”. Sul punto, si osservi che il riferimento operato dalla sopra citata disposizione è alle “emittenti” da inserire nelle graduatorie e non alle società editrici, da cui si deduce una prima conclusione in base alla quale un unico soggetto giuridico titolare di più emittenti – se possiede i requisiti richiesti – ha diritto a percepire più contributi. Ulteriormente, la competente D.G., con nota del 29/09/2009, ha chiarito che “Il requisito minimo del personale – possesso di quattro unità – deve essere riferito al soggetto giuridico titolare della/e concessione/i”, per poi precisare recentemente – onde fugare qualsivoglia dubbio sulla questione – con missiva 11/03/2014 indirizzata al Coordinamento Nazionale dei CoReCom, che “Per quanto riguarda il personale dipendente, non essendo possibile avere una specifica dagli enti previdenziali, non si può fare altro che accettare la suddivisione discrezionale del titolare dell’impresa”. Una discrezionalità che, però, lascia troppe zone grigie che possono insinuare dubbi sull’effettiva corrispondenza alla realtà delle dichiarazioni rese dalle imprese. D’altra parte, su tale questione tace anche la normativa di rango secondario del 2004 e, pertanto, nulla impedirebbe all’organo amministrativo di una società editrice di più emittenti di considerare ripartito l’orario di lavoro contrattualizzato dei dipendenti impiegati tra le varie emittenti, con la conseguenza che il punteggio stabilito per le relative categorie di lavoratori e fissato dalla “Tabella A” in calce al ridetto D.M. n. 292/2004 potrebbe essere suddiviso tra queste proporzionalmente, potendo accrescere il punteggio di un fornitore di s/m tra gli aventi diritto alla ripartizione dei 4/5 dello stanziamento. Ma vieppiù: ancor prima dell’adozione del regolamento di cui al D.M. n. 292/2004, è entrata in vigore la L. n. 112/2004, il cui art. 7, comma 3, consente ad uno stesso soggetto titolare di più di una concessione televisiva (le emittenti, appunto) di adottare “la programmazione anche unificata sino all’intero arco della giornata”. In altri termini, ad una stessa società editrice che possiede più emittenti televisive in ambito locale viene accordata la possibilità di trasmettere un unico palinsesto televisivo nelle 24 ore. Unico palinsesto significa – tra l’altro – che tutti i dipendenti sono impiegati per produrre programmi televisivi trasmessi su bacini geografici differenti, corrispondenti alle reti di trasmissione del segnale delle concessioni detenute, con indeterminazione della ripartizione anche dei ricavi da vendite di servizi. A ben vedere, le opzioni ermeneutiche insistenti sul DM 292/2004 a disposizione degli operatori sono articolate: basti infatti pensare alla ridetta nota 20/09/2009 della D.G. del Ministero dello Sviluppo Economico, ove si chiarisce che il requisito dei 4 (quattro) dipendenti deve essere riscontrato sul “soggetto giuridico titolare della concessione”. Conseguentemente, la società editrice di più emittenti con solo 4 (quattro) dipendenti, ad esempio, altro non potrebbe fare se non ripartire l’orario di lavoro proporzionalmente per ciascuna emittente; non vi è ragione per la quale una tale suddivisione debba essere preclusa ai soggetti concorrenti alla ripartizione dello stanziamento con più di 4 (quattro) dipendenti. Tanto più è vero se si considera che la recente nota 11/03/2014 ritiene che la ripartizione del personale fatta dall’impresa televisiva debba accettarsi sic et simpliciter e risulti insindacabile dal parte della P.A. “non essendo possibile avere una specifica dagli enti previdenziali”. Oggettivamente, sulla questione la libertà degli imprenditori pare veramente totale ed incondizionata, andandosi a concretizzare in una nevitabile discrezionalità nella compilazione delle domande per l’accesso ai benefici ex L. 448/1998, dovuta proprio alla inappropriata (e superata dagli avvicendamenti tecnologici) regolamentazione posta a presidio della materia. (M.L. per NL)

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