TAR Lazio: corretti i criteri del DPR 146/2017. Giunco (Confindustria Radio TV): rigettate contestazioni pretestuose; hanno diritto alle sovvenzioni solo le tv che svolgono veramente ed efficacemente il loro ruolo.
Il TAR Lazio, decidendo nel merito di una serie di ricorsi proposti per l’annullamento del DPR 146/2017 recante il “Regolamento concernente i criteri di riparto tra i soggetti beneficiari e le procedure di erogazione delle risorse del Fondo per il pluralismo e l’innovazione dell’informazione in favore delle emittenti televisive e radiofoniche locali”, del Decreto del Mise del 20/10/2017 concernente le modalità di presentazione delle domande e di un gruppo di atti presupposti, consequenziali e connessi, li ha respinti.
Significative le motivazioni a sostegno delle decisioni, che qui trattiamo.
Critiche respinte
“Le critiche svolte (…) ruotano intorno al presunto carattere irragionevole e non conforme alle finalità fissate dall’art. 1, comma 163, della Legge 28.12.2015, n. 208 (vale a dire: pluralismo dell’informazione, sostegno dell’occupazione nel settore, miglioramento dei livelli qualitativi dei contenuti forniti e l’incentivazione dell’uso di tecnologie innovative) del carattere nazionale della graduatoria e del carattere assoluto degli elementi di attribuzione del punteggio, non accompagnati da alcun meccanismo perequativo che tenga conto delle notevoli diversità demografiche ed economiche esistenti tra le diverse regioni italiane e, pertanto, tali da penalizzare proprio le regioni più piccole e meno popolose, costrette a competere con quelle di dimensioni non comparabili“, si legge in una delle sentenze (speculari).
Criteri DPR 146/2017 corretti
Censura che però non convince il TAR, “in quanto, in realtà, il d.P.R. n. 146/2017 tiene conto della popolazione residente nelle diverse regioni con riguardo alla fase (…) di individuazione dei requisiti minimi che le emittenti debbono possedere per l’ammissione alla procedura, laddove prescrive, all’art. 4, comma 1, il possesso di un numero minimo di dipendenti (parametrato alla popolazione dell’ambito territoriale in cui opera l’emittente) (…). Tale criterio, nel richiedere, per l’ammissione alla procedura, il possesso di un numero maggiore di dipendenti ad un’emittente che operi in una regione maggiormente popolata e un numero più basso di dipendenti ad un’emittente che operi in una regione meno popolosa, sembra soddisfare il principio di proporzionalità e di non discriminazione tra tutti i soggetti partecipanti che siano attivi in regioni diverse, con diversi livelli di popolazione.
Ambito della discrezionalità amministrativa
Peraltro, secondo i giudici, “va sempre rimarcato che la disposizione di legge (art. 1, comma 163, Legge n. 208/2015) che ha autorizzato l’adozione di un regolamento ex art. 17 Legge n. 400/1988, su proposta del MiSE, per la disciplina di criteri e procedure per l’attribuzione dei benefici economici, lascia aperti ampi margini di discrezionalità in capo all’Amministrazione nella scelta di procedimenti e criteri per la ripartizione del Fondo per il pluralismo radiotelevisivo tra le diverse emittenti locali, limitandosi ad individuare le finalità (…) a cui i contributi economici sono funzionali. Data l’ampia discrezionalità di cui l’Amministrazione è titolare, le norme regolamentari impugnate potrebbero ritenersi illegittime e meritevoli di annullamento soltanto ove vi sia una evidente incompatibilità tra le stesse ed i principi fissati dalla legge oppure una macroscopica illogicità ed irragionevolezza delle stesse rispetto allo scopo a cui sono dirette ovvero, più in generale, rispetto all’interesse pubblico.
Nessuna penalizzazione
“Invero, dal tenore delle censure, non è dato comprendere per quale ragione i criteri di cui all’art. 6 e alle tabelle 1 e 2 del d.P.R. n. 146/2017 sarebbero in palese contrasto con gli obbiettivi del pluralismo dell’informazione, del sostegno dell’occupazione nel settore, del miglioramento dei livelli qualitativi dei contenuti forniti e dell’incentivazione dell’uso di tecnologie innovative”, spiegano i giudici amministrativi, secondo i quali “La stessa “penalizzazione” delle emittenti operanti in ambiti regionali geograficamente meno popolosi – asseritamente collegata al calcolo dei dipendenti e dei dati Auditel, a livello assoluto e con graduatoria unica nazionale, in assenza di meccanismi diretti alla riparametrazione di essi in rapporto alla popolazione regionale – si è rivelata una petizione di principio ove si osservi l’esito concreto della graduatoria dedicata alle emittenti commerciali locali, nella quale diverse emittenti si sono piazzate tra le prime cento, pur essendo attive in contesti demograficamente svantaggiati (in rapporto alle più popolose regioni italiane).
Nessuno svantaggio competitivo dal DPR 146/2017
Alcuni casi specifici dimostrano, secondo il TAR, concretamente “come i criteri di cui all’art. 6, lett. a), b) e c) del regolamento impugnato – basati, rispettivamente, su: numero medio di dipendenti, effettivamente applicati; numero medio di giornalisti dipendenti (professionisti, pubblicisti e praticanti); media ponderata dell’indice di ascolto medio giornaliero basato sui dati del biennio precedente e del numero dei contatti netti giornalieri mediati sui dati del biennio precedente, calcolata secondo quanto indicato nell’allegata tabella 1 – non comportavano a priori uno svantaggio competitivo per la ricorrente, se è vero che diverse emittenti operanti in regioni non popolose hanno raggiunto risultati di vertice”.
Auditel non si tocca
Anche sul criterio Auditel i giudici si dimostrano intransigenti.
“Quanto all’assenza di doverosità nell’attivazione del servizio Auditel (per il punteggio di “Area B” previsto dal d.P.R. impugnato, vedi Tabella 2) – scrive il TAR – il Collegio osserva – in aggiunta a quanto poc’anzi esposto in merito alla imprescindibilità “nei fatti” dei dati di ascolto per ogni impresa televisiva che voglia continuare a stare nel mercato – che già nelle Linee Guida, pubblicate il 9 maggio 2016, a seguito di consultazione pubblica, era noto che gli indici di ascolto rilevati da Auditel sarebbero stati adottati dall’Amministrazione quali criteri di valutazione per la formazione della graduatoria rendendo. Pertanto i soggetti interessati erano stati già informati, fin dal maggio 2016, della futura adozione di nuovi criteri che avrebbero imposto l’onere della rilevazione dei dati auditel nell’interesse delle stesse emittenti, stante la rilevanza che sarebbe stata attribuita agli indici di ascolto. Tale informazione era stata diffusa tra gli operatori dall’Amministrazione circa un anno e mezzo prima dell’adozione del d.P.R. n. 146/2017 (pubbl. in G.U. n. 239 del 12.10.2017), il che rende non condivisibile la censura svolta con riguardo alla lesione dell’affidamento”.
L’iscrizione alle rilevazioni costa poco
“Va peraltro osservato che, in base a quanto eccepito dall’Amministrazione resistente (non contestata sul punto dalla ricorrente), l’onere economico per avvalersi del servizio Auditel comporta un costo contenuti per gli operatori (euro 3.500,00 annue circa), di regola sostenibile anche per le piccole aziende dell’emittenza locale.
Trattasi di ulteriore elemento che concorre ad escludere il carattere discriminatorio o irragionevole della previsione del “criterio auditel” di cui all’art. 6, lett. c) e Tabella n. 2 del d.P.R. impugnato. Peraltro giova rammentare che il rilevamento dati Auditel non costituisce un “unicum” contemplato dal d.P.R. citato in quanto è previsto anche in altri ambiti (anteriori alla normativa afferente al caso di specie), infatti: a mente dell’art. 6, comma 9 quinques del decreto legge 23 dicembre 2013, n. 145, i dati Auditel costituiscono uno dei criteri per formare la graduatoria dei soggetti legittimamente abilitati quali Fornitori di servizi di media audiovisivi (FSMA) a utilizzare la capacità trasmissiva a cui fa riferimento la disposizione stessa; – le graduatorie formate grazie anche al criterio di valutazione dei dati di ascolto sono poi utilizzate per l’assegnazione della numerazione LCN (acronimo di “logical channel number”) alle emittenti locali (sulla idoneità dei dati di ascolto a costituire un criterio valido per l’assegnazione della numerazione LCN cfr. anche Cons. St., Sez. III, 31 agosto 2012, n. 4658 che ha confermato TAR Lazio, Sez. III ter, n. 6901/2011).
Indimostrati i presunti errori di stima Auditel
Quanto, infine, all’attendibilità tecnica e all’imparzialità del rilevamento dei dati di ascolto, il Collegio si limita ad osservare che non sono state segnalati da parte ricorrente specifici elementi (anche soltanto indiziari) da cui poter desumere possibili errori di stima. Va detto che i dati sono rilevati sulla base di una precisa metodologia la cui applicazione è soggetta alla vigilanza dell’AGCOM (cfr. la delibera n. 85/06/CSP, recante “Atto di indirizzo sulla rilevazione degli indici di ascolto e di diffusione”). In ogni caso il “criterio Auditel” ha un peso limitato (17% per l’anno 2016) rispetto al punteggio di “Area A” (in funzione della media di dipendenti e giornalisti dipendenti dell’azienda) e parte ricorrente, pur avendolo affermato, non ha dimostrato in che termini il ridotto punteggio ottenuto quanto a dati di ascolto sarebbe stato decisivo per la sua esclusione dalle prime cento emittenti (in effetti, in questo senso, la “prova di resistenza” non può dirsi fornita dalla emittente)”.
Criteri premiali della qualità rispetto ai premi a pioggia
“In definitiva, con il d.P.R. impugnato, la normativa secondaria ha inteso introdurre criteri diretti ad incrementare la qualità del servizio (attribuendo peso preponderante alla componente giornalisti e quindi all’informazione nella erogazione del servizio; ponendo altresì in primo piano i dati di ascolto, a testimonianza dell’interesse suscitato dalla trasmissioni presso gli utenti, e l’innovazione tecnologica ), in luogo dei precedenti criteri idonei a distribuire, come in passato, premi “a pioggia”.
Confindustria: riconosciute le ragioni di chi fa veramente televisione
Maurizio Giunco, presidente dell’Associazione Tv Locali di Confindustria Radio Tv, costituitasi ad opponendum ha così dichiarato a NL: “Mettendo la parola fine a contestazioni pretestuose sul DPR 146/2017, il TAR Lazio ha confermato la legittimità di un provvedimento che riconosce il diritto al sostegno solo a chi dimostra coi fatti di fare veramente ed efficamente televisione locale“. (M.L. per NL)