Un foglio, non imbustato, con la scritta “Decidi di vivere” composta con caratteri ritagliati dai giornali. Lo ha trovato il 7 maggio nella cassetta della posta della sua casa di Roma il giornalista Alessandro De Pascale. Una evidente minaccia.
Il giorno successivo il cronista avrebbe dovuto testimoniare al tribunale di Napoli a un processo nei confronti di persone accusate di illeciti nel settore delle emittenti radiofoniche e televisive. Era stato invitato a testimoniare da un avvocato. Aveva già deciso di non andare, perché non si considerava garantito, ma non lo aveva detto a nessuno. “Appena ho visto quel foglio ho chiamato l’avvocato del mio giornale e, assistito da lui, ho presentato la denuncia ai carabinieri, che hanno aperto un’indagine sequestrando la lettera e consegnandola al Ris per fare accertamenti”, racconta ad Ossigeno Alessandro, 33 anni, redattore de ‘Il Punto’ e collaboratore di ‘Terra’. Il giornalista vive a Roma da anni ma è cresciuto in Campania. “L’anno scorso – spiega il giornalista ad Ossigeno – ho pubblicato il libro, ‘Telecamorra, guerra tra clan per il controllo dell’etere’ (Lantana edizioni), che racconta gli affari della criminalità organizzata nel settore radiotelevisivo. Nel Napoletano emittenti che trasmettono senza licenza e, a volte, mandano in onda contenuti non sono di loro proprietà. Questo settore viene usato anche allo scopo di riciclare denaro sporco. Si muovono cifre considerevoli con la promozione dei cantanti neo melodici, con la gestione della loro attività, curandone gli interessi e controllando la raccolta pubblicitaria e l’indotto di tutto il settore. Il libro ha favorito le indagini della magistratura in questo campo, alcune delle quali sono tuttora in corso”. De Pascale spiega che in queste vicende sono coinvolti direttamente ed indirettamente noti esponenti della camorra. “Ad esempio, al processo a cui ero stato invitato a testimoniare c’è fra gli imputati Nicola Turco, che controlla l’emittente Telemiracoli e in passato è stato condannato per minacce nei confronti di un cameraman. Il 3 maggio scorso ero stato contattato da un avvocato di parte civile che mi invitava a testimoniare, ma lo ha fatto in maniera che ho giudicato anomala: non inviandomi una lettera raccomandata o tramite un ufficiale giudiziario, ma con una email generica, nella quale non c’era neanche indicato quali domande mi avrebbe rivolto. Ero disposto a testimoniare ed il legale del mio giornale, Luciano Randazzo, ha chiesto maggiori cautele per me, presentando un’istanza al Tribunale perché mi garantisse la protezione. Non essendoci stata risposta avevo deciso di non testimoniare”. De Pascale sapeva bene che la pubblicazione del suo libro aveva dato fastidio a gente in grado di nuocergli: “Alcuni magistrati di Napoli mi hanno confermato che alcuni soggetti su cui da tempo indagando non l’hanno gradito”, racconta il giornalista. Si indaga partendo dall’ipotesi che chi gli ha lasciato quel messaggio intimidatorio volesse mettergli paura per convincerlo a non testimoniare, e abbia inviato la lettera minatoria non sapendo che lui aveva già deciso di restare a Roma. “Ovviamente non ho la certezza – spiega De Pascale – che la lettera sia collegata alla pubblicazione del mio libro e a quella testimonianza. Potrebbero esserci altre motivazioni. In questo periodo sto seguendo alcune vicende delicate, ad esempio mi sto occupando della compravendita dei senatori e di altre questioni interessanti. Ma la lettera è arrivata proprio il giorno prima del processo e non credo sia una coincidenza. Fra l’altro qualche mese fa c’era stato un altro episodio minaccioso, che, sbagliando, non avevo denunciato, e che sembra legato proprio alla pubblicazione del libro”. Tre giorni dopo il ritrovamento del messaggio, “Il Punto” ha reso nota la minaccia ai lettori esprimendo pubblicamente solidarietà ad Alessandro, che nel suo blog ha scritto: “Faccio solo il mio lavoro, cercando sempre di svolgerlo al meglio possibile”. Il presidente dell’Ordine dei Giornalisti Enzo Iacopino ha telefonato al giornalista per esprimergli solidarietà. Ad Alessandro De Pascale va anche la solidarietà di Ossigeno. “Purtroppo a Napoli”, racconta il giornalista “non ho più libertà di movimento. Un’altra inchiesta sul campo come quella che ho svolto per il mio libro non potrei farla”, spiega con un filo di amarezza. (Ossigeno per l’informazione)