La legge di Stabilità tenta di riformare il comparto tv locale (e nazionale minore, invero). Almeno questo è ciò che si desume dalla lettura dell’emendamento del governo modificato nel passaggio dalla Camera al Senato.
Andiamo per ordine. Anzitutto è stata confermata la proroga al 30/04/2015 per lo spegnimento dei canali incompatibili con le emissioni estere pianificate in sede internazionale, unitamente all’aumento del monte indennizzi (passato da 20 mln di euro a 51,6). Respinta invece la previsione del regime transitorio per il 2015 del canone all’1% per i diritti d’uso DTT; sembra tuttavia che il Governo (accogliendo la proposta pubblicata ieri su queste pagine), applicherà la controversa delibera Agcom applicando però – nell’ambito della discrezionalità consentitagli – un maxi sconto per evitare il tracollo delle tv locali (in pratica, salve le verifiche finanziarie, i superplayer RAI e Mediaset pagheranno meno di oggi, mentre le tv locali più di quanto corrispondono ora, ma con un importo inferiore rispetto a quanto previsto dal provvedimento dell’Autorità). Sulla base della delibera Agcom approvata il 30/09/2014, un’emittente locale attiva in un’area poco più grande della Lombardia avrebbe potuto (rectius, potrebbe) pagare fino a 300.000 euro annui fra diritti d’uso delle frequenze e diritti amministrativi. Un costo insostenibile per la maggioranza degli operatori areali, piegati dai propri errori strategici (in primis dalla scellerata superficiliatà mostrata in sede di digitalizzazione dalle loro rappresentanze sindacali), dalla crisi, dalla concorrenza delle piattaforme alternative (IP e sat) e dalla diminuzione dei contributi governativi, che almeno quindici anni incidenti sul bilancio per una cifra non di rado superiore al 50% degli introiti. Quanto al riordino e alla razionalizzazione dello spettro radio, l’emendamento del governo passato in Senato e inserito nel maxiemendamento pare privilegiare i network provider nella riassegnazione delle frequenze a vario titolo disponibili (su tutte i canali 58 e 59 e poi quelle – invero poco appetibili – residuate dai lotti non piazzati del dividendo interno). Da una parte il Ministero dello Sviluppo economico mette a disposizione delle emittenti che occupano frequenze interferenti con i paesi confinanti più tempo per liberarle e dall’altro garantisce maggiori risorse, ovvero 31,6 milioni che vengono aggiunti ai 20 stanziati, frutto dell’ex beauty contest (si tratta dei proventi dell’assegnazione del lotto frequenziale alla Cairo Communications). I contributi alla rottamazione saranno utilizzabili da chiunque restituisca allo Stato una o più frequenze favorendo, nell’ordine, coloro che decideranno di liberare quelle interferenti e le nuove società che, consorziandosi, consentirebbero un uso più efficiente dello spettro (si tratta, in sostanza, della soluzione che era stata inutilmente suggerita nella prima ipotesi di gestione della migrazione in tecnica numerica, prima che passasse la deleteria quanto insostenibile equivalenza 1 canale analogico = 1 mux digitale). Saranno dunque privilegiati (per non dire esclusivamente considerati) i consorzi a livello regionale. Nel frattempo, con lo scopo di aumentare la capacità trasmissiva a livello locale, il governo metterà frequenze nazionali non utilizzate (dai player minori, che quindi rischiano la diminuzione dell’assegnazione) a disposizione di operatori di rete scelti con graduatorie regionali e in base a criteri che terranno conto dell’esperienza maturata nel settore, dei piani tecnici presentati e della solidità economico-patrimoniale. Su questo terreno la correzione all’emendamento da parte del Senato indica che se nessun operatore locale corrispondera’ ai criteri indicati, le frequenze potranno essere messe a disposizione anche di operatori nazionali ma con l’obbligo di trasmettere programmi locali. Dunque anche nel caso di operatori di rete nazionali dovranno ‘trasportare’ sulle frequenze cosi’ ottenute esclusivamente programmazione televisiva locale (salvo problemi tecnici – non di poco conto – in caso di remux regionali su monofrequenza nazionale). Discutibile, invece, il fatto che la nuova graduatoria dovrà essere utilizzata anche per attribuire la numerazione automatica del telecomando (LCN), con la conseguenza che Agcom dovrà tenerne conto in sede di predisposizione del nuovo piano, con inevitabile dote dell’ennesima coda infinita di ricorsi ai giudici amministrativi. Quanto ai futuri contributi pubblici, si prevede che essi non andranno a chi sarà l’assegnatario delle frequenze, ma agli editori, tenendo in considerazione i criteri degli ascolti, del numero di dipendenti assunti a tempo indeterminato con particolare riguardo ai giornalisti. (M.L. per NL)