Periodo di magra per la televisione a pagamento nel vecchio continente che, si legge nel rapporto di ItMedia Consulting in uscita il prossimo 4 ottobre, vive un periodo di “tendenza alla stagnazione” riuscendo a crescere appena dello 0,5% nei 17 paesi presi in esame.
L’unico mercato a essere in segno positivo, peraltro, è quello britannico, mentre tutti gli altri rimangono in negativo; in Italia, si registra un -0,7%. Insomma, nonostante le decantate lodi sulla forza del settore e su come i suoi operatori non abbiano risentito della concorrenza degli OTT, numeri alla mano risulta l’esatto contrario: mentre, infatti, i broadcaster classici del mercato pay soffrono la sostanziale immobilità del mercato, il modello Iptv cresce a grandi passi, rivelandosi sempre più competitivo. Sempre negli stessi paesi, il business della tv a pagamento online è cresciuto di quasi il 64% fra il 2011 e il 2015; un +16% medio all’anno che parla da solo. Gli abbonati a servizi SVOD hanno raggiunto quota 5.8 milioni, risultato importante, anche se molto disomogeneo (basti pensare che in Italia ne risultano 600 mila); i motivi di questa crescita sono molteplici e spaziano dalla comodità della rete fino alle opportunità offerte dalle nuove tecnologie (come le smart tv) e al miglioramento della qualità delle connessioni. Il fattore che sembra avere più peso, però, è il prezzo: gli abbonamenti alle Iptv costano tendenzialmente meno di quelli offerti dalle tv pay classiche e questo spiega anche perché gli operatori OTT abbiano di solito una redditività per utente inferiore. Eppure il loro modello sembra pagare, tanto che gli altri operatori hanno finito per adattarsi, sia portando i loro servizi anche online, con offerte di fatto identiche ai concorrenti simil-Netflix, che con la formula dei così detti skinny bundles. Si tratta, sostanzialmente, di offerte con meno contenuti che permettono di praticare un prezzo inferiore: il sistema viene praticato da Sky con la sua Now Tv (attiva anche in Italia) e pare rientri anche nei progetti di Canal+ nel quadro del suo accordo con Orange di cui abbiamo parlato recentemente. L’idea degli skinny bundles, fra l’altro, arriva dagli USA, dove il caso più noto di successo di questo sistema è, ancora una volta, un’Iptv di nome Sling tv. Non è quindi esatto parlare di sofferenza per il mercato pay, ma piuttosto di cambiamento: il settore sta iniziando a seguire metodi di fruizione e costi differenti che gli operatori storici non avevano previsto e contro i quali hanno cercato di fare un po’ di resistenza (con scarsi risultati). Bene invece la tv in chiaro, dove gli investimenti pubblicitari stanno complessivamente tornando a crescere (+2,7%); anche qui l’andamento non è omogeneo: se la Germania colleziona un +6%, l’Italia rimane sotto l’1%, così come la Francia. (E.V. per NL)