Gli apparecchi televisivi 4K hanno già raggiunto i grandi store dell’elettronica di consumo, ipnotizzandoci con sequenze di immagini spettacolari, di risoluzione pari a quattro volte quella dell’HD.
La politica di marketing della grande industria del settore sembra essere già delineata, e anche se per il momento i prezzi rimangono accessibili solo agli early adopter maniaci della tecnologia di frontiera, le nuove tv sembrano avere tutti i requisiti per diventare il prossimo oggetto del desiderio. Si ripropone però un problema, apparentemente banale ma non di facile risoluzione: quello dei contenuti. Al di là dei demo – specchietti per allodole appositamente prodotti per l’esposizione – e di qualche canale satellitare sperimentale, al momento non esiste nulla in giro che possa rendere onore alla stratosferica definizione dei nuovi schermi. Certo, la stessa questione si è posta – ed è stata risolta – con l’avvento dell’HD. Una nuova classe di supporti (i Blu-Ray disc) e di tecnologie di trasmissione (lo standard H.264) è stata messa rapidamente in circolo, e il tutto è stato favorito dal contemporaneo switch-off della televisione analogica in favore di quella digitale. Tuttavia il nuovo balzo in avanti, come ultimamente accade spesso in ambito tecnologico, moltiplica esponenzialmente le performance e le risorse necessarie per produrla. A differenza della precedente, la nuova rivoluzione poggerà prevedibilmente molto meno sui supporti e molto più sugli standard di trasmissione. Un ruolo centrale sarà giocato dallo standard H.265/HEVC, codec già sufficientemente maturo per sostituire il precedente H.264 su tutte le piattaforme di diffusione e di riproduzione. Sul piano del broadcast si imporrà l’upgrade al DVB-T2, che a livello terrestre non sarà peraltro sufficiente a trasmettere contenuti 4K, stante anche il contemporaneo restringimento delle frequenze a disposizione a favore della banda larga mobile. Assecondando quindi l’ipotetico (ma ancora assai virtuale, almeno nel nostro paese) spostamento delle abitudini di fruizione dei contenuti televisivi da parte degli utenti, le piattaforme di elezione dovrebbero diventare il satellite e l’internet della banda ultra-larga. I contenuti saranno così fruibili con maggiore facilità e minori limitazioni di tempo, luogo e device, mentre la loro memorizzazione offline sarà sempre più scoraggiata. Per chi proprio non potrà farne a meno, ci si aspetta comunque un graduale passaggio dai classici dischi ottici a dispositivi di storage di grande capacità, siano essi portatili o NAS (Network Attached Storage). L’industria non sembra infatti puntare particolarmente sui nuovi lettori Blu-Ray 4K, che si prevede faranno la loro apparizione in forze non prima di Natale 2015: si tratterà di apparecchi in grado di leggere i nuovi dischi, da 60 a 100 GB di capacità, con velocità superiori ai 100 Mbps. Una tecnologia high-end che almeno inizialmente non sarà sicuramente alla portata di tutti. Mentre un fattore interessante potrebbe essere l’avvento delle nuove tecnologie di trasferimento dati wireless, che almeno in teoria dovrebbero permettere prestazioni eccezionali nello streaming e nell’upload-download dei giganteschi file video ad altissima risoluzione. Si parla di 802.11ad, il cosiddetto WiGig, e di Kiss Connectivity. una sorta di USB 3.0 senza fili proposto dalla startup hi-tech Keyssa. Entrambi gli standard fanno uso dello spettro radio nella banda di frequenze dei 60 Ghz, e perciò si propongono di collegare dispositivi a brevissima distanza, ma con bitrate da fantascienza (dai 4 ai 6 Gbps). Al di là dell’orgia tecnologica, l’impatto dei nuovi standard sulle strutture di produzione e distribuzione dei contenuti sarà sicuramente rilevante, penalizzando ulteriormente chi non vorrà o non sarà capace di innovare il proprio modello di business. E abbastanza sottovalutato appare, al momento, il costo che i malcapitati utenti televisivi saranno ancora una volta costretti a pagare per rimanere al passo coi tempi (E.D. per NL)