Gli italiani continuano ad utilizzare la tv ma in modo differente. Gli ott portano l’attenzione del mercato su contenuti e offerte multidevice; a subire maggiormente il contraccolpo potrebbero essere le emittenti locali.
Diventa sempre più forte, anche in Italia, il fenomeno della convergenza fra media e telecomunicazioni grazie alla sempre crescente affinità fra tv e internet. Sono soprattutto gli over the top a spingere in questa direzione, accrescendo sempre di più il loro potere di mercato e portando i player tradizionali a competere sul nuovo campo da gioco per riuscire a rimanere in piedi. L’avvento degli ott, più che mettere in crisi il mercato televisivo, è riuscito a farlo smuovere dalla sua situazione di stasi. Dopotutto, la televisione rimane ancora l’intrattenimento preferito dal popolo italiano (secondo il 49° rapporto del Censis è utilizzata abitualmente dal 96,7% della popolazione), ma ciò che sta cambiando sono i metodi di fruizione. Si sta superando l’era in cui lo spettatore si adattava al servizio e ai suoi palinsesti, in favore di una fruizione dove sono i contenuti ad adattarsi alle esigenze di tempo e luogo di consumo dell’utenza grazie alle offerte on demand e in mobilità. La televisione ha perso il suo monopolio sul mercato audiovisivo, cedendo (almeno in parte) il passo ai nuovi metodi di consumo. A fare da esempio virtuoso in questo senso è Netflix, il colosso americano di Reed Hastings, che con i suoi 69 milioni di utenti a livello mondiale è riuscito a impensierire non poco i broadcaster tradizionali, i quali sono dovuti correre ai ripari. Nel caso specifico dell’Italia, l’arrivo sul mercato dei player di questo tipo ha subito il solito ritardo tipico del nostro paese, cosa che ha permesso agli operatori televisivi già presenti di organizzarsi per tempo con offerte mirate a contrastare la nuova concorrenza. Non è casuale il recente interesse per il mercato online (manifestatosi in offerte come Infinity tv di Mediaset) o nelle opportunità del mobile (come il caso di Sky Go). Traspare dunque la necessità che hanno oggi le televisioni di integrare l’offerta, raccogliendo le possibilità create dai nuovi canali di diffusione. Dunque, se i mezzi divengono integrati e comuni a tutti, la vera sfida si gioca oggi sul piano dei contenuti. Una sfida che prende corpo da un lato nell’ottenimento dei diritti e dall’altro nella produzione vera e propria. Si distingue anche in questo la compagnia di Reed Hastings, avendo già prodotto diverse serie tv divenute veri e propri cult (come House of Cards e Orange is the New Black) oltre che aver acquisito importanti diritti di distribuzione, come quelli per la Disney a partire dal 2016 (che probabilmente includerà anche Lucasfilm e quindi la nuova trilogia di Star Wars e lo spaventoso appeal che ha generato in occasione del suo ritorno al cinema). Un’altra strada, è quella di creare contenuti da cedere in esclusiva per altri operatori che possano trasportarli in mercati che non sarebbero altrimenti raggiungibili. La stessa Netflix lo ha fatto con la sopracitata serie House of Cards, affidata in esclusiva a Sky per l’Italia prima del suo arrivo nel nostro paese lo scorso ottobre. Anche la RAI si è mossa in questo senso, con la serie di dieci episodi Suburra, che debutterà come esclusiva di Netflix dal 2017 in tutti i paesi in cui è presente. In entrambi i casi, si vede come questo tipo di scelta permetta agli operatori di diffondere i propri contenuti in altri paesi, un’opportunità interessante e sulla quale l’inglese BBC basa praticamente la maggior parte delle proprie entrate. Un’altra rete virtuosa nell’ambito della produzione è La7 che è, stando al suo editore Cairo, “la seconda tv italiana per ore di diretta: oltre 12 ore al giorno” incentrate particolarmente sull’approfondimento politico. Inoltre, recentemente, la rete sta esplorando nuovi orizzonti aprendosi anche all’intrattenimento e manifestando l’interesse nel cercare “nuove strade anche con la comicità in prima serata”. Il mercato sembra dunque aver ritrovato il suo dinamismo e per rimanere in linea con il suo andamento, gli operatori devono riuscire a investire su diversi dispositivi e sulla produzione di contenuti, oltre che l’acquisizione di diritti per prodotti altrui. A rischiare seriamente di restare indietro sono le emittenti locali, che subiscono in maniera significativa la maggior competizione, soprattutto con l’aumento dei player internazionali attivi in Italia. In questo nuovo scenario, questi operatori necessitano di ricostruire il proprio posizionamento. Non riesce facile però, se si considerano i problemi addizionali presenti come la contrazione dei ricavi pubblicitari e dei contributi pubblici, che si aggiungono al semplice calo degli ascolti che si distribuiscono fra i nuovi competitor. (E.V. per NL)