Tv. lanza Rai: Villari non si dimette e il Pd lo espelle

Il senatore Riccardo Villari e’ stato espulso dal gruppo del Pd del Senato. Lo ha reso noto il presidente dei senatori del partito Anna Finocchiaro


(ADUC.it) – Villari, eletto con i voti del centrodestra alla presidenza della Commissione parlamentare di vigilanza sulla Rai, ha rifiutato di dimettersi e il partito di Walter Veltroni lo ha espulso.
Reazioni. “Maggioranza e opposizione hanno condiviso e concordato la designazione del senatore Zavoli a Presidente della Commissione Nazionale di Vigilanza. Il senatore Villari puo’ dirsi soddisfatto di avere in fondo contribuito a determinare queste condizioni e puo’ quindi serenamente rassegnare le dimissioni convinto di rendere cosi’ un servizio alle istituzioni”. Lo dice in una nota il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi.
C’era chi puntava sulla ‘sospensione’, chi, come le radicali Donatella Poretti ed Emma Bonino, preferiva una “sanzione politica” piú che disciplinare, chi non era disposto a mettere da parte, per una volta, la linea dura. Alla fine, dopo oltre due ore e mezza di riunione e botta e risposta dai toni anche accesi, il direttivo del gruppo del Pd al Senato ha votato quasi unanimamente (è agli atti il voto contrario della componente radicale e l’astensione di tre senatori) l’esclusione’ di Riccardo Villari, il ‘dissidente’ che è rimasto alla guida della commissione di Vigilanza sulla Rai.
“Io c’avrei messo due minuti”, spiegava Legnini, facendo la spola con l’Aula impegnata nelle votazioni sul decreto infrastrutture. “Forse siamo un partito troppo democratico”, osservava ironico un altro componente del direttivo. “La verità – spiegava Vincenzo Vita – è che questa è una di quelle occasioni dove tutti vogliono prendere la parola, ma non ci sono state tensioni. Abbiamo votato unanimamente, anche Follini”. Il senatore ex Udc, vicino a Villari in questi giorni di trattative, infatti ha dato il suo sí all’espulsione, pur precisando nel suo intervento di essere “contrario” in linea di principio e mettendo in guardia i colleghi “del quadro che del Pd faranno i giornali”.
Nonostante le “perplessità”, comunque, avrebbe ammesso poi che le circostanze “costringevano” ad adottare un provvedimento del genere.
Sulla stessa linea Nicola Latorre, il vicecapogruppo del Pd che in un’intervista al Corriere aveva spiegato la sua contrarietà all’espulsione. Ma anche lui, non senza “perplessità” e vista la situazione, alla fine ha ceduto, rimettendosi alla volontà del gruppo e votando a favore della ‘pena massima’. Non è mancato (si tratta di due senatori) chi avrebbe preferito la sospensione: una sanzione da molti giudicata una “carezza”, anche perchè “nel gruppo – spiegano al Pd – la sospensione esiste come sospensione temporanea dall’assemblea o dagli incarichi elettivi. Di fatto una sanzione molto blanda”. Si astengono sul voto finale Antonello Cabras, Marco Stradiotto e Fiorenza Bassoli.
Accorato l’intervento di Luigi Zanda. Chi conosce il vicecapogruppo lo descrive assai amareggiato per la vicenda: “siamo stati appesi per giorni alle menzogne di Villari”, ha esordito, incassando il plauso di molti colleghi, come Fabrizio Morri, ‘ospite’ del direttivo in qualità di capogruppo in Vigilanza. Da qui l’incredulità, l’insofferenza, quasi, di Zanda per i tentennamenti dei colleghi: “Quando De Gregorio fu eletto, fu espulso un’ora dopo. E lo ha espulso Di Pietro, che sta sulle palle a tutti noi. Noi invece – rincara la dose Zanda – stiamo qui a spaccare il capello in quattro, a pensare ‘chissà cosa dicono’, ‘chissà cosa pensano’. Allora, certo, che si puó parlare del fatto che il partito ha fatto male: Villari andava espulso un minuto dopo. Ma ora sono stanco di questa situazione e mi stupiscono molto questi tentennamenti”.
Alla fine, è la capogruppo Anna Finocchiaro a dare la notizia dell’espulsione e spiegarne le ragioni: “Noi siamo sempre stati fedeli con gli alleati: avevamo detto che sarebbe stato espulso se non si fosse dimesso, cosí è stato”. Ma Villari non sembra voler giocare il ruolo del figliol prodigo, parla di decisione “antidemocratica” e rilancia: “Ho 7 giorni di tempo per far ricorso contro questa decisione all’Assemblea del gruppo”.

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