Tv. La “vecchia” Mediaset attacca i “nuovi” big del web: così nessun futuro per noi

Con le attuali regole in Europa che non prevedono la parità tra operatori tv e internet, il futuro non lo possiamo affrontare” ha fatto sapere Gina Nieri, consigliere di amministrazione del Biscione, durante il dibattito romano del 30 ottobre, dal titolo “La svolta digitale”.

Il vecchio continente sarebbe per la Nieri soltanto un soggetto passivo dei colossi internet, facilitati nelle loro conquiste dalla scarsa capacità della Commissione Europea nella gestione della materia; necessario dunque dichiarare al più presto “uno stato di emergenza”, secondo la dirigente del gruppo Mediaset. Fa riflettere il ribaltamento dei ruoli intervenuto in trent’anni: nei primi anni ’80 (cfr. foto d’apertura con un giovane Silvio Berlusconi insieme a Mike Bongiorno) Fininvest era il nuovo che avanzava, posto sul banco degli imputati dagli editori dominanti (la tv pubblica e la potente carta stampata). Oggi Mediaset è il vecchio medium che rischia di essere triturato dall’avanzata degli web-player. La Nieri, nel corso del dibattito, ha aggiunto che “la disparità di trattamento con i cosiddetti over the top, i big di internet come Google, Youtube e Facebook, salta agli occhi. Non dico che vogliamo mettere le ‘mutande’ a internet, ma non possiamo aspettare altri tre o quattro anni perché l’Europa rimetta mano alla direttiva. Così non si può andare avanti”. Differente è apparso l’atteggiamento del d.g Rai Luigi Gubitosi: il tono del suo discorso, forse meno diretto rispetto a quello della Nieri, non ha comunque celato la forte preoccupazione per la situazione futura. “Internet non porterà una tempesta, ma ci sarà un lento deterioramento delle posizioni delle reti generaliste. Ora la centralità non è più delle reti ma dei contenuti e la Rai era organizzata per reti. Uno dei grandi sforzi sarà superare una logica di presenza in ambito verticale. Serve un cambio culturale”. In merito al contenimento dei costi Gubitosi ha dichiarato che è necessario “spendere meno in strutture che l’utente finale non vede e usarle per l’innovazione. Il rafforzamento del multimediale vuol dire pensare a contenuti in maniera che siano direttamente multimediali e non per un adattamento. La Rai continua a cambiare e questa sarà una sfida decisiva”. All’interno del dibattito di Roma, non è parso dello stesso avviso il gruppo Discovery, forte dei successi che sta riscuotendo in materia del digitale: il chief operative officer Alessandro Araimo ha infatti sostenuto a gran voce che “tutti i media dovrebbero considerare il digitale come core business. Il digitale amplifica la distribuzione su più piattaforme ma consente anche di arricchire i programmi con contenuti sempre più pensati per catturare l’attenzione del pubblico su tutti gli schermi, in un’esperienza ancor più coinvolgente. Discovery ha interpretato questa fase come una grande opportunità per alimentare e arricchire non soltanto il suo processo creativo, ma anche quello distributivo e commerciale dei propri programmi". “E poi ce la sperimentazione: solo nell’ultimo anno – ha aggiunto Araimo – abbiamo investito nella produzione di sei web series e grazie alle community social attiviamo la partecipazione della nostra platea in modo immediato e reattivo”. Anche Sky si è fatto sentire e ha chiarito in questa occasione la sua posizione in merito alla possibilità di sbarcare in chiaro sul DTT, su cui si è molto vociferato nelle scorse settimane: “l’invasione del chiaro da parte di Sky è una fandonia, soprattutto in quei termini in cui è stata descritta su alcuni giornali. Chiunque capirebbe che sarebbe una follia”. A renderlo noto, Stefano Ciullo, direttore Affari Istituzionali di Sky Italia. “È vero – prosegue Ciullo – che c’è un’evoluzione di Sky, che è nata come pay per view e va verso la media company con una multipiattaforma. Per ora siamo molto contenti di Cielo: c’è l’ipotesi delle news in chiaro, ma è solo una delle attività in corso”. All’evento, organizzato dalla Fondazione Luigi Einaudi e da Itmediaconsulting, è intervenuto anche il Sottosegretario allo Sviluppo Economico con delega alle Comunicazioni Antonello Giacomelli, per il quale tra mercato e istituzioni in tema di digitale, internet e regolamentazione esiste una “differenza tangibile che si è fatta drammatica”. Parlando del semestre europeo a presidenza italiana, il sottosegretario ha constatato la difficoltà nel “comporre i punti di vista di 28 paesi che sono comunque tutti consapevoli che la dimensione europea sarebbe quella minima. L’Europa deve definirsi come soggetto, altrimenti rischia di diventare un’autostrada per macchine solo di altri. È arrivato il momento per cercare le condizioni per una nuova governance. Su questo tema, dobbiamo portare gli Stati Uniti a parlare con l’Europa come un unico soggetto politico, come un modello che non è uguale a quello degli States. La priorità – ha concluso – deve essere il punto di vista dell’utente. E penso anche che l’Europa si debba presto interrogare sull’utilizzo dei big data, il vero petrolio del futuro”. (V.R. per NL)
 

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