Sono arrivate l’ultimo giorno di ottobre le prime attesissime nomine nelle direzioni giornalistiche della Rai, soprattutto quella di Giuseppe Carboni (foto di apertura) al Tg1, dopo settimane di attesa: il Cda dell’azienda si è finalmente riunito, sotto la presidenza di Marcello Foa e alla presenza dell’Amministratore Delegato Fabrizio Salini, e ha approvato, su proposta dell’AD, le nomine dei direttori, oltre che del Tg1, anche di Tg2, Tg3, Giornale Radio e Tgr.
Nuovo direttore del Tg1 è dunque appunto Giuseppe Carboni, al Tg2 andrà Gennaro Sangiuliano e per il Tg3 è stata indicata Giuseppina Paterniti. Al Giornale Radio va Luca Mazzà, mentre alla Tgr è stato confermato Alessandro Casarin, già direttore ad interim.
Le proposte di Salini sono state approvate da tutti i Consiglieri, fatto salvo il solo voto contrario di Rita Borioni (area PD).
Delle nomine, a partire da Carboni, si sapeva naturalmente tutto già dal giorno precedente, quando era stato finalmente raggiunto l’accordo politico fra Salvini e Di Maio che le ha rese possibili, perché, manco a dirlo, non si poteva procedere senza che i partiti di Governo avessero dato il loro assenso (questo al di là delle singole personalità dei nuovi direttori e dei loro più o meno reali legami con questi partiti; serviva insomma, nella consueta tradizione Rai, un accordo ‘forte’ a livello di maggioranza di Governo). Fa parte del gioco – s’intende – anche che l’opposizione (il PD) protesti e che Di Maio e Salvini neghino di aver lottizzato. Tutto, più o meno, come sempre.
Che il problema fosse che i due vicepresidenti del Consiglio non raggiungevano da settimane l’accordo sui nomi è dimostrato dall’incredibile balletto andato in scena per parecchio tempo: dopo che per nominare Foa presidente erano già occorse varie settimane, ugualmente il Cda Rai continuava a non riunirsi, mentre tutti pensavano invece che per le nomine sarebbero bastati alcuni giorni. Niente da fare, si è aspettato a lungo l’esito dell’ennesimo vertice fra Salvini e Di Maio e nel frattempo tutto è rimasto paralizzato, ormai in piena stagione Tv e con la necessità di procedere a preparare i palinsesti (indicativamente) già della primavera 2019. La situazione, per gli incredibili ritardi dovuti solo alla politica (anche se si dirà che la Rai ora è ‘autonoma’ dai partiti ecc. ecc.), era talmente tesa che a Viale Mazzini si parlava di un Salini esasperato dalla tattica attendista di Foa, perché è al presidente che spetta la convocazione dei Cda e la convocazione del Cda per le nomine non arrivava invece mai.
Alla fine, in extremis, ci si è arrivati il 31 ottobre (ma la riunione del Cda fino a lunedì 29 sera non era ancora del tutto sicura) ma per i palinsesti bisognerà aspettare ancora, perché, come si è visto, sono stati nominati alla fine solo i direttori delle testate giornalistiche e non i direttori di rete. Quale sarà il motivo di queste nomine a metà? Sì – avete indovinato – , anche per questi nomi manca l’accordo politico fra Lega e Cinque Stelle, fra Salvini e Di Maio, e ne riparleremo allora fra un altro po’.
A Viale Mazzini circolano poi voci davvero maligne che sfiorano il grottesco: il problema sarebbe l’impuntatura di Salvini (non di Salini, a scanso di equivoci) sul nome dell’autore di ‘La prova del cuoco’ (programma condotto dalla fidanzata Elisa Isoardi) Casimiro Lieto quale nuovo direttore di Rai2; il salto di Lieto da semplice autore di un programma (i cui ascolti in calo angosciano peraltro il PD Anzaldi), neppure assunto in Rai, a direttore di rete sembrerebbe clamoroso ma una sua effettiva nomina comporterebbe anche conseguenze a catena sulle altre reti e nel frattempo, nell’incertezza, si rinvia ancora.
Malignità, cattiverie di un’informazione ostile ai partiti di Governo? Vedremo, per adesso, in nome della costituzione della solita ‘nuova Rai’, tutto sembra andare come al solito.
Ma passiamo a Carboni e agli altri nuovi direttori, che – elemento su cui si concentra la comunicazione aziendale in queste ore, in sintonia con quella politica che approva le designazioni – sono tutti interni Rai, vale a dire che stavolta non si è chiamato qualcuno dall’esterno, evitando che almeno su questo fosse ulteriormente la ‘ragion politica’ a prevalere (è accaduto in molte altre occasioni in Rai).
Giuseppe Carboni, nuovo direttore del Tg1 (ovviamente si tratta della nomina più importante in Rai, seconda forse solo a quella dell’AD), ha cinquantasette anni e vanta una lunga esperienza nella redazione politica del Tg2, dove ha seguito il Movimento Cinque Stelle dagli esordi sulla scena fino al Governo (diciamo che la cosa potrebbe averlo aiutato per questa designazione, ma naturalmente lo dicono sempre le voci più maligne).
Di Gennaro Sangiuliano, nuovo direttore del Tg2, si parlava invece da mesi come candidato anche al Tg1 (in cui era vicedirettore da diversi anni) e qui una scelta politica è più esplicita, perché Sangiuliano, napoletano, classe 1962, si era anche fatto fotografare volutamente con Salvini, ‘mettendosi in luce’ a dovere. Il Tg1 però Di Maio non lo mollava e allora si è ripiegati su Carboni per il Tg1 e Sangiuliano per il Tg2.
Al Tg3 l’uscente Luca Mazzà (a suo tempo accusato di forte ‘renzismo’) è stato dato per confermato a lungo (il Tg può dunque rimanere vagamente in ‘area opposizione’) ma alla fine non è riuscito a farsi rieleggere, ripiegando però sui Gr e sulla Radio, ‘poltrona’ che era libera (in questi mesi i Gr sono stati affidati provvisoriamente all’interno Roberto Pippan, dopo l’uscita di scena di Gerardo Greco, andato al Tg4). Al Tg3 è dunque andata, al posto di Mazzà, Giuseppina Paterniti, forse il volto più noto fra i nuovi direttori, perché è stata spesso in video, visto che per sette anni è stata corrispondente da Bruxelles della Rai e per questo viene anche considerata da alcuni ‘troppo europeista’.
Da tre anni vicedirettrice della Tgr, Paterniti, giornalista apprezzata e dal buon curriculum, fa tuttavia un bel salto di carriera a sua volta; a cosa sia dovuta la sua scelta non è chiarissimo (si parla, per la verità, di possibili legami con i Cinque Stelle della sorella Fabiola) ma diciamo che non sarà probabilmente facile attaccarla sul piano professionale.
Infine la testata meno conosciuta ma enorme per dimensioni e di forte importanza, ovvero la Tgr: qui va, come previsto, Alessandro Casarin, nome gradito alla Lega ma anche con una carriera alle spalle quasi tutta dedicata proprio all’informazione regionale; Casarin, peraltro, come accennato, aveva già la direzione ad interim della Tgr dopo le dimissioni di Vincenzo Morgante, andato a Tv2000.
Il primo atto delle nomine si è dunque compiuto; per il secondo si spera di non dover aspettare Natale, anche perché, oltre alle reti, ci sarebbe pure da occuparsi della situazione un po’ paradossale di Rai Pubblicità, dove il presidente Antonio Marano da gennaio ricopre anche l’interim quale AD (dopo l’uscita dalla Rai di Fabrizio Piscopo) e affrontare anche i prossimi mesi della stagione Tv e della raccolta pubblicitaria in queste condizioni ‘provvisorie’ non sembra proprio per la Rai la migliore delle scelte possibili. (M.R. per NL)