Roma – Tutte le polemiche che hanno accompagnato l’iter della Legge Gasparri, che ne hanno contraddistinto l’approvazione e che si sono periodicamente riaccese dopo la sua entrata in vigore, nelle scorse ore hanno trovato un climax risolutivo nella scomunica ufficiale delle autorità europee. La UE non digerisce quella normativa che trova discriminatoria e controproducente per il mercato televisivo proprio negli anni in cui si appresta, faticosamente, a transitare al digitale.
Il commissario alla Concorrenza Neelie Kroes, lo stesso funzionario che si è adoperato per bocciare i fondi per i decoder del DTT, ha proposto e ottenuto dalla Commissione Europea che venisse dato all’Italia un ultimatum di due mesi. Questo il tempo che il Belpaese ha per risolvere i problemi di mercato e il caos delle frequenze rilevati da Bruxelles. Se ciò non avverrà, la Commissione potrebbe deferire l’Italia alla Corte di Giustizia europea, aprendo un nuovo contenzioso, che si porrebbe in cima ad una lunga lista di procedimenti in vari settori della vita economica che caratterizzano da anni i rapporti tra Roma e Bruxelles.
In particolare, a destare preoccupazione sono quelle norme della Legge Gasparri che secondo Bruxelles favoriscono le imprese della tv analogica a scapito della libertà di concorrenza: in altre parole quella legge, secondo Kroes, dà agli oligarchi della televisione tradizionale un potere di gestione e interdizione nel mercato digitale che, se non verrà risolto, si tradurrà in minori opportunità per le imprese e in un crollo delle possibilità di scelta dei consumatori. Per dirla con Kroes: “La situazione che conosce attualmente la televisione analogica, in cui solo alcuni operatori possono essere in concorrenza sul mercato dei servizi di radiodiffusione, rischia di riprodursi con la televisione digitale terrestre, il che lascerebbe i consumatori italiani di fronte a una scelta limitata”. Collegato a tutto questo è il nodo delle frequenze, il vero campo di gioco su cui si muovono gli attori del grande scontro televisivo e che deciderà il futuro assetto dell’industria di settore.
La bocciatura europea dei punti focali della Legge Gasparri rappresenta tutto meno che una sorpresa: un anno fa, grazie all’azione di Altroconsumo la Commissione aveva già messo in mora l’Italia su questi stessi nodi. Ieri, quindi, Bruxelles ha usato termini espliciti: “Se l’Italia non prenderà le misure necessarie a conformarsi al parere motivato entro due mesi dal suo ricevimento, la Commissione potrà decidere di portare l’Italia di fronte alla Corte di Giustizia europea”. Una procedura ovvia, se si pensa che da un anno a questa parte Roma non ha risposto alla messa in mora.
Kroes&C. non dimenticano peraltro che all’attenzione del Parlamento italiano c’è la cosiddetta Legge Gentiloni, studiata per risolvere questi nodi, ma avvertono tutte le difficoltà che sta incontrando nel suo iter. Una legge, dice la Commissione, che può modificare la leggi vigenti ma che “ancora non è stata adottata”.
Una dichiarazione che naturalmente ha spinto lo stesso Gentiloni, ieri, a definire “sacrosanto” l’intervento della UE visto che “la Legge Gasparri è incompatibile con l’ordinamento europeo”. Secondo il Ministro, il DDL proposto dal suo Ministero “cancella la Gasparri e re-introduce i principi fondamentali di pluralismo e concorrenza. Ora mi aspetto una decisa accelerazione del suo iter come ci chiede esplicitamente l’Europa”. Accelerazione che non è scontata: ieri pomeriggio Tajani di Forza Italia ha accusato Gentiloni di tentare di sfruttare l’Europa per far passare un provvedimento sbagliato.