Grazie alle Iptv illegali è possibile vedere tutte le emittenti europee, anche di pay tv, a soli 10 euro al mese; basta una ricerca su Google ed è fatta, il tutto in alta definizione, senza blocchi e problemi di sorta per un fenomeno che pare sia in crescita.
Bastano dieci euro e la disponibilità a commettere un reato per disporre liberamente del palinsesto di tutte le tv del vecchio continente, siano esse in chiaro o a pagamento. Secondo quanto pubblicato in un articolo de Il Fatto Quotidiano, infatti, sarebbe questa la nuova frontiera della pirateria nell’era delle Iptv. E in effetti, basta poco per incappare in offerte di questo tipo: già digitando “Iptv 10 euro” su Google, è possibile trovare diverse offerte di questo tipo. Su vari forum, si trovano persone disposte ad offrire il servizio per una lista di canali che sembra infinita e include tutte le emittenti più note: dalla pay tv satellitare di Murdoch a quella di Mediaset, passando anche per i servizi over the top come Netflix o Chili. Tutto quello che bisogna fare è contattare l’offerente (nel citato articolo, si parla di un primo contatto via Skype, ma alcuni si accontentano anche di un messaggio privato su un forum o una mail) e, una volta manifestato il proprio interesse, si riceve un link per il download di un file. Una volta scaricato questo, basta aprirlo con il player video del proprio pc ed il gioco è fatto: abbiamo sul nostro dispositivo un catalogo completo di televisioni e servizi streaming con alta definizione in tempo quasi reale rispetto al broadcaster originale e nessuna fastidiosa asincronia audio-video; basta cliccare con il tasto destro del mouse per spostarsi nell’immenso palinsesto. Tutto quello che bisogna fare per mantenere il servizio, è sostenere l’irrisoria spesa di 10 (a volte anche 5) euro al mese. Il pagamento, ovviamente, avviene attraverso sistemi del tutto anonimi come Paysafecard (sia mai che il cliente possa sentirsi in pericolo) e il pacchetto include anche i canali come Primafila, che per essere visti richiedono ulteriori pagamenti anche per chi è abbonato regolarmente. Un sistema testato e funzionante, insomma, che riesce a proliferare proprio grazie ai costi delle pay tv, i cui numeri invece ristagnano da tempo. Il fenomeno, secondo alcune fonti di polizia citate sempre da Il Fatto Quotidiano, sarebbe emergente ma “con numeri in costante crescita” e per questo monitorato dalle forze dell’ordine; un bel problema se si pensa che, secondo i dati dell’International Communication Market Report 2015, le pay tv italiane rappresentano “il 37 per cento del mercato televisivo con i suoi 3 miliardi di euro”. Meno abbonati equivalgono ovviamente a meno entrate, che si riflettono a loro volta sulla possibilità di produrre contenuti. Si torna a parlare quindi di lotta alla pirateria, argomento sempre caldo e che ancora non conosce una risoluzione effettiva. A poco sono serviti gli interventi normativi e casi come quello recente di Rojadirecta non sembrano condurre a nuovi traguardi, visto che il fenomeno continua a crescere aggiornandosi anche con strumenti diversi. Se le vie legali non sembrano portare a grandi risultati, è già da qualche anno che si discute del così detto fattore Netflix, cioè la presunzione secondo la quale avendo “una buona alternativa legale, le persone sono spinte ad utilizzarla”, per citare le parole di Olav Torvund, docente di Oslo che ha condotto nel 2013 uno studio sull’argomento. Non dimentichiamo però che anche i servizi di streaming on demand sono oggetto di pirateria: Netflix, ad esempio, deve ancora venirne a capo; nel suo caso, è dovuto principalmente alle differenze fra i contenuti che offre nei vari paesi in cui opera. In parole povere, la pirateria su Netflix è utilizzata più che altro per poter vedere contenuti che il portale di streaming offre solo per altri paesi. Nel frattempo, però, dopo le schede truccate di Sky e i torrent, anche la pirateria ha scoperto le nuove frontiere della tecnologia del web. (E.V. per NL)