Sebbene in ritardo rispetto ad altri Paesi, anche nel nostro sta pian piano prendendo piede la c.d. addressable tv o televisione “indirizzabile”: una modalità di fare pubblicità che trasmette annunci personalizzati e parametrati sulla base non solo della posizione geografica, ma anche e soprattutto degli interessi e delle abitudini dei telespettatori.
Questo fenomeno è già presente su Internet ed, infatti, proprio con il proliferare delle smart-tv sempre connesse alla rete, sta trovando terreno anche in Italia. Si fa riferimento, in particolare, alla HbbTv, Hybrid Broadcast Broadband Television, di cui si è ampiamente trattato in queste pagine.
Le potenzialità di questo tipo di advertising non sono certo sfuggite ai grandi del settore: Mediaset si era mossa lo scorso anno per proporre campagne pubblicitarie in tal senso e Sky ha lanciato Ad-Smart che attraverso la posizione dei decoder MySky offre spot personalizzati di società vicine agli utenti. Nella medesima direzione stanno procedendo anche Viacom e Discovery con l’ausilio di “Smartclip”, una società tedesca del gruppo Rtl, che opera proprio nel settore dell’addressable.Luca Di Cesare, Managing Director di Smartclip Italia commenta su Italia Oggi la situazione, mostrando quella che è la causa principale della lenta diffusione di questo tipo di ad: “La sostituzione degli spot video con quelli personalizzati presenta ancora qualche complicazione: con connessioni e televisori ancora lenti c’è il rischio che compaia il nero al posto dello spot”. Inoltre, il manager spiega: “Oggi ci si sta concentrando su un nuovo tipo di pubblicità display per la tv: banner a forma di L, una sorta di cornice che restringe il contenuto per qualche secondo. Non sono all’interno dei break tradizionali e non vanno in sovraimpressione. Inoltre, sono interattivi perché basta premere un tasto sul telecomando per avere contenuti ed informazioni ulteriori. Ovviamente hanno tutte le caratteristiche dell’addressability e compaiono in tempi e contenuti diversi da spettatore a spettatore”.Si tratta, però, di spazio pubblicitario ulteriore che trascende da quello che è l’attuale affollamento televisivo. Ecco che arriviamo, quindi, alle note dolenti… Non si sta sempre di più andando verso una “televisione della pubblicità”?
Le potenziali e nefaste conseguenze sono lampanti: si rischia di avere una free tv invasa da banner pubblicitari asfissianti, che non lasciano alcuna tregua ai fruitori, sovraesposti ad annunci di ogni sorta ed incapaci di godersi i programmi in santa pace.
Il worst-case scenario è quello che andrebbe a delinearsi mescolando questa ricetta con il mondo delle pay tv: gli abbonati, già costretti all’aumento dei prezzi dei loro contratti, potrebbero trovarsi – in assenza di una puntuale disciplina – nella paradossale situazione di pagare anche per vedere continuamente degli spot.
E’ qui che l’anomia si fa manifesta! Ad oggi, infatti, le norme non contemplano questo tipo di banner.
Già nel web, a causa del crescente sviluppo della tecnica pubblicitaria, si estende crescentemente il tempo di fruizione dei contenuti proprio per colpa del continuo “spamming”. L’utente è però interessato ai contenuti, non alle pubblicità!
Questo atteggiamento potrebbe rivelarsi controproducente, rischiando di portare ad un calo dell’audience, nonostante lo stesso Di Cesare sostenga che “per il consumatore cambierà poco, perché oggi c’è il flusso della tv tradizionale, domani quello internet con sostituzione degli spot uguali per tutti a favore di quelli personalizzati.” Sostenendo, inoltre, la presunta bontà di questa tecnica, che secondo lui si dimostrerà vantaggiosa per i telespettatori, poiché essi “vedrebbero inserzioni sulla base dei propri interessi e non sarebbero sovraesposti allo stesso messaggio troppe volte”.
Sappiamo benissimo, però, che la situazione che andrebbe a delinearsi con la diffusione di addressable tv non sarebbe così rosea: gli spettatori, qualora venissero introdotti in maniera persistente banner a L, sarebbero costantemente esposti ad una miriade di informazioni differenti, tali da portare alla nausea il povero consumatore il quale avrebbe, come unica via di fuga dalla pubblicità, lo switch off del dispositivo.
Speriamo che il legislatore si muova presto dettando una disciplina chiara e precisa, che costringa le società televisive e pubblicitarie a non ammorbare gli utenti ricorrendo eccessivamente agli ads per poter aumentare il proprio fatturato.
Sia che si tratti di annunci tradizionali o di addressable tv, un po’ di spot vanno bene, ma quando è troppo, è troppo. (P.G. per NL)