Tonio Di Stefano (HDFI): Le iniziative di ibridizzazione della lista canali, ovvero l’affiancamento di servizi diffusi via broadcast a canali disponibili via IP, sia che avvengano in ambienti verticali gestiti dai gatekeeper (es. Samsung Tv+, Lg Channels) sia che si passi attraverso sistemi orizzontali e aperti (DVB-I), non sembrano poter apportare significativi vantaggi ai broadcaster classici, né in termini di incremento di ascolti né di inversione dei trend di raccolta pubblicitari. Che vedono sì lo spostamento dei flussi finanziari verso internet ma in modalità di fruizione slegate all’inquadramento in palinsesti, a vantaggio di social media e clip brevi “disseminate” in siti terzi.
Se i big tech americani decidessero di organizzare i propri contenuti in palinsesti (come la stessa Netflix fa in Francia con Direct, per promuovere il proprio servizio SVOD) e se tali canali fossero inseriti in LCN ibride accanto ai servizi broadcast tradizionali – dove non sono verosimili ipotesi eccessivamente ottimistiche su un possibile confinamento dei newcomers in posizioni non pregiate (es arco dei 500, 600, 700) -, in presenza di adeguata controprogrammazione si andrebbe incontro a forme di erosione dello share degli incumbent con conseguente, ulteriore contrazione delle entrate pubblicitarie.
Innovation Day di HD Forum Italia (HDFI)
“Verso un ecosistema audiovisivo 5.0: infrastrutture, servizi e tecnologie” sarà il tema dell’Innovation Day di HD Forum Italia (HDFI), l’organismo di filiera che riunisce ventisei aziende leader nel settore del broadcasting, dell’audiovisivo e delle telecomunicazioni.
Appuntamento il 25/11/2022 a Roma
I lavori della conferenza si svolgeranno venerdì 25 novembre presso le Officine Farneto a Roma (via dei Monti della Farnesina 77) in presenza di esperti e professionisti del settore, moderati dalla giornalista Mila Fiordalisi.
I temi
Il confronto verterà su alcuni degli aspetti più rilevanti dell’evoluzione del sistema televisivo in Italia, dal broadcasting lineare tradizionale alla crescente fruizione di contenuti on-demand, dal ruolo dei tradizionali operatori del settore televisivo al quello degli attori OTT (Over The Top), con sullo sfondo l’affermazione della hybrid tv e ai suoi nuovi sistemi di advertising.
DTT ancora all’apice della piramide televisiva
Il tutto senza perdere di vista il digitale terrestre, che continua a rappresentare la tecnologia più pervasiva del sistema televisivo italiano, colto in una fase delicata dal momento che il 21 dicembre si completerà la prima fase dello switch-off con la chiusura dei canali di bassa qualità basati sulla tecnologia MPEG-2 in vista dell’introduzione ormai prossima del nuovo standard trasmissivo DVB-T2, con le relative ricadute sull’utenza finale e sugli operatori.
L’intervista a Tonio Di Stefano
Su tali argomento NL ha deciso di raccogliere anticipazioni intervistando Tonio Di Stefano, presidente di HDFI, che ci ha confermato tutta una serie di allarmanti segnali costantemente da noi raccolti e posti in sequenza in ripetuti articoli, almeno da un anno a questa parte.
Ennesimo switch-off il 21/12/2022
(Newslinet) – Il 21 dicembre ci sarà l’ennesimo switch-off. Ormai è una costante per i telespettatori…
(Tonio Di Stefano) – Con la chiusura definitiva del MPEG-2 del prossimo 21 dicembre si chiude una storia di tecnologia che ci ha accompagnato negli ultimi trenta (!) anni dal 1994. Come broadcaster di servizio pubblico la nostra preoccupazione è quella della ricezione delle nostre trasmissioni da parte di tutti gli utenti.
Numeri? Monitoriamo l’erogazione dei bonus tv e decoder
(NL) – Appunto. Il parco ricevitori è pronto all’abbandono della codifica MPEG-2?
(Tonio Di Stefano) – Per i numeri di vendita e di diffusione degli apparati sul mercato è forse più corretto rivolgersi alle associazioni di categoria come l’Anitec. Noi, con il supporto di Confindustria Radio Televisioni, monitoriamo costantemente l’erogazione dei bonus TV e decoder. Inoltre proprio per far “passare” il messaggio è partita una campagna con “sottopancia” mirati e promo che terrà informati del passaggio gli utenti.
Ibridazione
(NL) – Tra i temi centrali del vostro convegno di novembre 2022 c’è l’ibridazione, altra questione forse non molto chiara a tutti. Soprattutto in termini di rilevanza ed effetti.
(Tonio Di Stefano) – Per parlare di ibridazione inizierei dalla fine: principalmente nell’ultimo anno si è registrato nel mercato nordamericano l’affermazione di un modello di fruizione incentrato sulla distribuzione di canali lineari via IP, supportati prevalentemente da ricavi pubblicitari: questo modello di distribuzione è stato denominato FAST (Free-Ad-Supported-TV). L’offerta lineare si compone di servizi tradizionali a cui sono affiancati canali tematici sviluppati intorno a specifici temi o a cluster di utenti.
Quel che fanno gli OTT
Sulla scorta di quanto sopra descritto i gatekeeper tecnologici, gestori e proprietari degli ecosistemi e delle piattaforme più diffusi sul mercato (Samsung, LG, Amazon, Google, Apple, altri), stanno organizzando proposte editoriali ad hoc in tal senso con l’obiettivo di arricchire l’esperienza d’utente.
La possibilità di adattare l’esperienza dei canali FAST anche al mercato europeo e italiano è oggetto di dibattito, ma per meglio comprendere la natura dell’iniziativa è necessario inquadrare le specificità del mercato statunitense rispetto a quello europeo e italiano.
L’esperienza USA
La disgregazione dell’offerta via cavo (il cosiddetto “cord-cutting”), che includeva in bundling oltre alla telefonia anche servizi broadcast lineari, ha determinato la necessità per i content provider americani, intesi come editori o meri aggregatori, di ricercare nuovi sbocchi per rendere disponibili i propri servizi.
Da FAST a OTT
La natura di questi content provider, che non dispongono di un’infrastruttura broadcast di proprietà per la distribuzione “uno-a-molti” dei contenuti – al contrario dei broadcaster italiani ed europei -, ha limitato il ventaglio di opzioni di distribuzione al solo IP over the top. In sostanza, pur con i dovuti correttivi di natura editoriale, l’offerta FAST è la trasposizione della preesistente offerta via cavo in modalità OTT.
Canali FAST in Italia
Stante questa premessa, è necessario chiedersi quale possa essere il ruolo dei canali FAST nel mercato italiano; va operata una chiara distinzione fra canali lineari broadcast – generalisti, semi-generalisti e tematici- già esistenti e distribuiti tramite digitale terrestre e satellite ed eventuali servizi aggiuntivi, idealmente ritagliati su cluster di utenti o per aggregazioni contenutistiche.
Reti legacy
Il primo gruppo di servizi trova tuttora adeguata capacità di distribuzione nelle reti legacy, con possibilità di miglioramento della qualità audiovideo a seguito della completa dismissione della codifica MPEG2 (dal 21 dicembre su DTT) e in vista di un futuro passaggio al DVB-T2.
Domanda: ci sarà domanda?
Sul secondo insieme di servizi, futuribili allo stato attuale delle cose, è opportuno chiedersi quale sia l’effettiva domanda di contenuti organizzati secondo il tradizionale meccanismo del palinsesto. Infatti, ripercorrendo la storia dei media nel mercato italiano, la nascita e l’affermazione dei canali tematici e semi-generalisti si colloca fra il 2000 e il 2015 – forti anche delle innovazioni tecnologiche derivanti dall’adozione della tecnica digitale, replicando in parte il modello “long tail” del satellite -, con risultati pregevoli che hanno permesso di contrastare il declino della tv generalista.
Modello che mostra cedimenti
Questo modello ha incominciato a mostrare segni di cedimento a causa:
a) del contemporaneo ingresso sul mercato di nuovi player (Netflix, Disney+, Prime Video, Tik Tok, altri);
b) di una sempre maggior competizione sul tempo di fruizione da parte degli utenti più giovani del gaming ed e-sports;
c) dello sviluppo di reti di comunicazione a larga e larghissima banda fisse e mobili (a cominciare dall’LTE), con effetti di frammentazione del consumo in logica multirete e multipiattaforma.
Affiancamento DTT/IP pericoloso. Per i broadcaster
Pertanto le iniziative di ibridizzazione della lista canali, ovvero l’affiancamento di servizi diffusi via broadcast a canali disponibili via IP, sia che avvengano in ambienti verticali gestiti dai gatekeeper (es. Samsung Tv+, Lg Channels) sia che si passi attraverso sistemi orizzontali e aperti (DVB-I), non sembrano poter apportare significativi vantaggi ai broadcaster classici, né in termini di incremento di ascolti né di inversione dei trend di raccolta pubblicitari che vedono sì lo spostamento dei flussi finanziari verso internet ma in modalità di fruizione slegate all’inquadramento in palinsesti, a vantaggio di social media e clip brevi “disseminate” in siti terzi, oltre che dall’erogazione di ad-roll in app (RaiPlay, RaiPlay Sound e RaiNews nel caso del servizio pubblico).
Controindicazioni
(NL) – Interessante: andiamo a fondo…
(Tonio di Stefano) – Se i vantaggi di una ibridizzazione per i broadcaster tradizionali come detto sopra possono essere oggetto di discussione, le controindicazioni sembrano chiare. L’ibridizzazione apre inevitabilmente le porte a quei player privi di infrastruttura broadcast. La contrazione di ricavi di questi soggetti, dovuta principalmente:
a) al rallentamento delle nuove sottoscrizioni;
b) all’incremento dei costi per la produzione e acquisizione di nuovi contenuti, che sta spingendo modelli di business basati principalmente sul meccanismo della sottoscrizione (SVOD) verso forme di complementazione pubblicitaria.
Il modello Direct
Quindi se i big tech americani decidessero di organizzare i propri contenuti in palinsesti (come la stessa Netflix fa in Francia con Direct, per promuovere il proprio servizio SVOD) e se tali canali fossero inseriti in LCN ibride accanto ai servizi broadcast tradizionali – dove non sono verosimili ipotesi eccessivamente ottimistiche su un possibile confinamento dei newcomers in posizioni non pregiate (es arco dei 500, 600, 700) -, in presenza di adeguata controprogrammazione si andrebbe incontro a forme di erosione dello share degli incumbent con conseguente, ulteriore contrazione delle entrate pubblicitarie.
HBBTV
(NL) – E quanto alla HBBTV? La sensazione è che, dopo l’iniziale euforia in occasione del refarming della banda 700 MHz, si sia raffreddato l’entusiasmo. Sia sincero…
(Tonio Di Stefano) – Ormai sono da troppi anni coinvolto nelle attività di introduzione/sviluppo di nuove tecnologie per scommettere sul successo. Avendo visto successi (pochi) e flop (tanti) sono prudente di natura. Rai, con il contributo fondamentale del suo Centro Ricerche, ha sviluppato la sua applicazione HbbTV RaiTV+.
Ok per 4k
(NL) – Sarà un successo?
(Tonio Di Stefano) – Non lo so, per il momento la stiamo valorizzando e, ad esempio, sarà l’unico modo possibile per vedere via IP in 4k 56 partite su 64 che saranno trasmesse da Rai in 4k (anche sul canale via satellite Rai 4k, LCN 210 della piattaforma Tivùsat). (E.G. per NL)