A dirla con i termini con i quali siamo abituati a chiosare la gestione degli spazi nella nostrana RAI che, nonostante l’ampia e plurale offerta di contenuti sulla nuova piattaforma digitale, è ben lungi dal divenire un polo di informazione indipendente dal Governo di turno, non si rende pienamente giustizia al sistema tedesco della spartizione degli spazi sulle reti pubbliche.
Purtroppo in Italia siamo da sempre abituati a trattare, appunto, della “lottizzazione” del servizio pubblico, la cui spartizione delle tre reti è inevitabilmente legata alle nomine politiche del Consiglio di Amministrazione e rappresenta un appuntamento immancabile dell’Esecutivo ad ogni mandato. Anche nella civilissima Germania, comunque, per l’informazione il Governo nutre una certa predilezione, al punto che la spartizione degli spazi – diciamo così – tra correnti politiche è stata addirittura istituzionalizzata. E’ infatti noto che le due reti pubbliche vengono gestite con piglio prettamente politico-istituzionale, al punto che la ZDF (un po’ come la nostrana RAI 2) riveste un ruolo di agenzia indipendente legata ai vari Stati tedeschi (Länder) da un contratto unitario; la più importante ARD (proseguendo nella similitudine, RAI 1), invece, è organizzata come un consorzio di emittenti di radiodiffusione pubblica della Repubblica Federale Tedesca e rappresenta in patria il principale gruppo radiotelevisivo pubblico. Intervenendo proprio sul contratto costitutivo che regge l’organizzazione delle reti televisive e radiofoniche pubbliche in base al numero di abbonati assicurati da ciascun Länder, quindi inevitabilmente influenzate dal colore del governo degli Stati federati, la Corte Costituzionale teutonica ha affermato un principio di dirompente semplicità; così scontato da apparire nell’attuale panorama politico addirittura rivoluzionario. Affermano, infatti, i Supremi Giudici – nel sancire la parziale illegittimità di quelle che potremmo chiamare, in gergo nostrano, le nomine politiche del Consiglio di Amministrazione – che “La Tv appartiene allo Stato, dunque ai cittadini, non al Governo federale o regionale che sia”, arrivando ad imporre entro giugno 2015 una decisa inversione di rotta nella composizione del Consiglio della ZDF, che oggi è di nomina istituzionale per il 66% dei membri (77 in totale), quota che non potrà superare un terzo dei componenti. In Italia sarebbe sbalorditivo se la Corte Costituzionale facesse cessare definitivamente l’egemonia governativa sulla RAI, ma se la giurisprudenza creativa ha contribuito ad innovare, per certi versi profondamente, il nostro ordinamento giuridico, perché non sperarci. I politici nazionali venderanno cara la pelle, ma le pieghe della legge, spesso, riservano gradite sorprese. (S.C. per NL).