L’Antitrust boccia l’accordo Vivendi – beIN Sports, uno dei punti cardine del piano di Bolloré per risollevare le sorti di Canal+; adesso restano poche strade da percorrere per arginare la frenetica perdita di abbonati, soprattutto tenendo conto dell’accordo saltato con Cattleya.
Gli investitori, si domandano quale sia lo stato di salute reale di Vivendi. L’Antitrust ha risposto picche a Vincent Bolloré e la sua Vivendi, con riguardo all’accordo che avrebbe permesso alla pay tv Canal+ di distribuire in esclusiva i contenuti di beIN Sports, che fa capo ad Al Jazeera. L’accordo era, secondo quanto dichiarato più volte dallo stesso Bolloré, centrale per il piano di risanamento dei conti di Canal+ che vive una situazione così negativa dall’aver spinto il finanziere bretone a minacciarne la chiusura. Adesso, con il diniego ricevuto da parte dell’Autorità, restano poche strade da percorrere; stando alle strategie dichiarate, il risanamento della pay tv passerà per un ulteriore e sostanziale taglio dei costi (che va avanti da nove mesi) e una riduzione dei contenuti trasmessi in chiaro. Nulla, almeno per il momento, per quello che riguarda la vera natura della sofferenza di Canal+, vale a dire gli abbonati, diminuiti di ben 500mila unità negli ultimi cinque anni al ritmo, cioè, di 100mila abbonamenti disdetti ogni anno. Un ritmo assolutamente non sostenibile e che una politica di riduzione costi non sarà certamente in grado di arginare come, forse, avrebbero fatto contenuti freschi ed in esclusiva. Da questo punto di vista ci sarebbe, probabilmente, da mangiarsi le mani per aver fatto saltare l’accordo con Cattleya; la società di produzione di contenuti ha chiuso il suo 2015 con ricavi per 53,5 mln, registrando quindi un +15,5% rispetto all’anno precedente e un risultato netto che si aggira intorno ai 950mila euro. Con contenuti del calibro di Gomorra e Romanzo Criminale, la società fondata da Riccardo Tozzi sarebbe stata una miniera d’oro grazie alla quale cercare di attirare nuovi abbonati. Fra l’altro, come lo stesso Tozzi spiegava chiaramente lo scorso mese, un accordo “era praticamente fatto” con i francesi; il tutto è stato ritirato per via dello scambio di azioni fra Vivendi e Mediaset, in virtù del quale Cattleya avrebbe perso “la qualifica di produttore indipendente” che, stando alle normative europee, non può appartenere a chi ha rapporti con i broadcaster, con derivanti conseguenze di natura fiscale e contributiva che Cattleya non era disposta a sopportare. In pratica, Bolloré ha deciso di rinunciare ad una macchina che sforna contenuti di successo per poter mettere le mani su un’altra pay tv fallimentare (Mediaset Premium) e il 3,5% di Mediaset. Certo, resta sempre la possibilità di muoversi sul campo del SVOD grazie a sinergie fra Infinity ed Overwatch, ma questo settore in Europa è ben presidiato da Sky e Netflix che imbracciano armi ben più pesanti di quelle a disposizione del duo italo-francese. Le recenti mosse di Vivendi lasciano perplessi anche gli analisti delle principali banche d’affari bretoni, i quali già non credevano possibile il pareggio di bilancio entro tre anni di Canal+ (come promesso da Bolloré) al lordo dell’accordo con beIN Sports; adesso, si interrogano sulle reali condizioni economiche di Vivendi (come d’altronde fatto più volte su questo periodico) visto che, le mosse commerciali del gruppo parigino, hanno più le caratteristiche dello shopping compulsivo che dei passaggi di una complessa e dettagliata strategia imprenditoriale. (E.V. per NL)