Diciamolo chiaramente: entro il 2020 (riguardo all’estensione dal 2022 c’è poco da crederci viste le pressioni delle compagnie telefoniche) i canali UHF destinati alla tv saranno 14 (oggi sono 40, già dedotti i 9 passati alla telefonia con la cessione della banda 800 MHz, ch UHF 61-69), cui potranno aggiungersi altrettanti scartini da coordinarsi con gli stati esteri (tradotto: utilizzo condizionato e comunque gravato da impossibilità di ricezione nei mesi estivi).
Come spiegato nei giorni scorsi, il Consiglio dell’UE ha adottato la decisione sul refarming della banda 700 MHz ed entro la fine di quest’anno si concluderanno le negoziazioni propedeutiche alla riassegnazione (entro il 30/06 dell’anno prossimo) del segmento dello spettro elettromagnetico alla telefonia per lo sviluppo del 5G. Per conseguenza la tv terrestre con le high tower high power si ridurrà notevolmente (ma nel frattempo si porranno le basi per la partenza di quella LTE, con le low tower low power, basata anche sullo sviluppo delle Small Cell).
Soccorrerà certamente il passaggio al T2, che aumenterà la capacità trasmissiva più di quanto il calo delle frequenze la ridurrà, ma l’upgrade tecnologico comporterà investimenti notevoli che gli operatori di rete minori non saranno in grado di sostenere. Ergo, il ruolo da newtork provider sarà appannaggio di un numero essenziale di soggetti (massimo 50 in tutta Italia tra nazionali, pluriregionali e regionali) che dispongono di ampie basi economiche e finanziarie. Nulla di nuovo: lo scriviamo da anni su queste pagine, come, del resto, avvertimmo inutilmente, all’esordio del DTT, che consigliare alle tv locali di investire sul ferro anziché sui contenuti era azione più scellerata che temeraria. Ma tant’è, i topi hanno seguito il pifferaio di Hamelin e i risultati ora son quelli che sono. Ora che lo scenario è cambiato e che il quadro si è delineato le emittenti devono prendere atto (ultimo avviso) che la strada è solo una: prodotti di qualità ed originali; i collettori di televendite vendute a costo minuto in continuo calo o, peggio, in royalties hanno un orizzonte di qualche anno. In compenso si aprono nuovi scenari di cui abbiamo più volte dato conto: brand tv (grande distribuzione, big player del commercio, merchandising, ecc.), ibridazione web/tv, radio on tv (nelle varie declinazioni: radiovisione, audiografica, audio), tv di servizio, ecc. L’importante è capire che gli schemi sono cambiati e, parafrasando l’Eroe dei due mondi: o si (ri)fa la vera tv o si muore. (M.L. per NL)