In Germania i tg hanno una durata rigorosa che non supera i 15 minuti, in Francia la nuova frontiera di Netflix fa il boom di abbonati: e l’Italia resta a guardare.
Non più di 15 minuti, notizie secche, senza recite né commenti scontati, poco spazio per i fatti di cronaca a meno che non siano di particolare rilievo: per i debiti approfondimenti sono previste altre trasmissioni. È questo lo stile dei telegiornali che impera in terra tedesca. Un linguaggio semplice, comprensibile al pubblico, in cui vengono proibiti i termini decifrabili solo dal mondo degli esperti: sia il Tagesschau (“I fatti del giorno”) di Ard – il principale gruppo radiotelevisivo pubblico in Germania -, sia il tg di Zdf – la tv pubblica con sede a Magonza – utilizzano questa strategia. Naturalmente i colleghi tedeschi non sono esenti dalla possibilità di commettere errori: certo è che quando sbagliano, preparano scuse ufficiali per i telespettatori. È quello che recentemente è accaduto a Thomas Roth, moderatore di una delle trasmissioni di approfondimento di Ard, che si è scusato e ha fatto cancellare dall’archivio elettronico il servizio di un corrispondente da Mosca che aveva fornito informazioni distorte. “Abbiamo preso la questione molto sul serio, le critiche degli utenti sono importanti” ha commentato in merito Kai Gnuffkem, il direttore dei servizi giornalistici dell’emittente tedesca. È evidente che nel panorama italiano, le tempistiche, le modalità, gli spazi per l’informazione e la scelta delle tematiche da trattare risultano lontani anni luce dalle secche notizie, senza sbavature dello stile applicato in Germania. Ma il nostro paese non sta al passo e non si adegua con il resto dell’Europa nemmeno per quel che concerne le nuove frontiere dell’intrattenimento streaming on demand (almeno fino a tutto il 2015, dato che solo il 55% delle abitazioni dispone di collegamenti teoricamente adeguati a supportare il carico necessario per fruire del servizio). Che dire infatti del colosso Netflix che procede come un treno lanciato a tutta velocità tra gli stati del Vecchio Continente, ma che non fa tappa nel Bel Paese? Basta gettare uno sguardo ai numeri raggiunti Oltralpe – ricordiamo ai nostri lettori che lo sbarco in Francia risale ad appena 15 giorni fa – per comprendere quanto il servizio piaccia agli utenti: gli abbonati francesi infatti superano già le 100 mila unità, registrando una partenza a razzo, considerando che il servizio concorrente Canal Play (di Canal Plus) in tre anni conta un totale di 520 mila abbonati. Ma i piani e le mire espansionistiche di Netflix in Francia non si arrestano qui: come viene riportato in un articolo di venerdì 3 ottobre apparso sulle pagine di ItaliaOggi, oltre all’accordo per entrare nel set top box di Bouygues Telecom, è stata appena siglata anche l’intesa per l’ingresso nella library nel set top box di Orange, la più grande società di telecomunicazioni francese. Dopo aver prodotto serie esclusive di successo quali House of Cards e Orange is the new black, Netflix è pronto per l’avvio della produzione del serial squisitamente francese Marseille, oltre che per il primo lungometraggio, il sequel de La tigre e il dragone. Per arricchire la library di prodotti originali inoltre, il gigante ha firmato un accordo con il popolare attore comico Adam Sandler che produrrà ben 4 film in esclusiva a livello mondiale. Proprio sul terreno dello streaming, Netflix potrebbe presto dover lottare con un altro minaccioso concorrente: Facebook infatti ha appena stretto un’alleanza con gli studi Lions Gate per la realizzazione di una serie di 5 mini film ispirati alla saga di Twilight. “Pensiamo che Facebook sia un ottimo modo di introdurre il mondo di Twilight ad un nuovo pubblico rinforzando al tempo stesso i vecchi fan”, ha reso noto Michael Burns, il vicedirettore della Lions Gate. Ma non finisce qui: la compagnia di intrattenimento canadese fondata a Vancouver ha spiegato che se l’operazione avrà successo l’intenzione è quella di ripeterla con altri titoli: “I corti di Twilight sono solo l’inizio” hanno fatto sapere i vertici. È probabile che gli operatori dell’industria dell’entertainment spingeranno e scommetteranno sempre più sull’utilizzo dei social come canale di distribuzione dei contenuti: e Facebook, grazie ai suoi 1,3 mld di utenti registrati e attivi ogni mese, non può che far molta gola. (V.R. per NL)