Lanciato come servizio di streaming nel 2007, Netflix è oggi la tv on line più diffusa al mondo, con 62 milioni di abbonati in oltre 50 paesi e mette a disposizione più di 100 milioni di ore di programmazione.
320 ore di contenuti originali, tre film e 18 serie televisive, 45 nomination agli Emmy Award con 16 vittorie (in gran parte per “House of Cards”), 13 al Golden Globe con due conquiste e due all’Oscar, senza trofei; l’organico mondiale è di oltre duemila dipendenti e il fatturato si aggira attorno ai 5,5 miliardi di dollari. In America può contare su 41 milioni di iscritti, ma ora il mercato internazionale, rivela il manager Joris Evers, cresce più di quello statunitense e l’obiettivo finale è quello di diventare globali. Questi i numeri manifesti e imponenti ai quali sempre più spesso dovremo abituarci, dal momento che, come i nostri lettori ormai sapranno, nel Bel Paese è già partito il conto alla rovescia in previsione dello sbarco del servizio nel mese di ottobre. Quello di cui invece pochi sono a conoscenza è la strategia su cui è pronto a scommettere e investire il colosso Netflix: nel quartier generale infatti non si parla di ricavi (o perlomeno non unicamente, ndr), ma gli occhi e le attenzioni del patron Reed Hastings e del suo entourage sono incentrati sul numero degli abbonamenti. L’obiettivo del gigante internazionale sarebbe il raggiungimento della soglia di 200 mila abbonati italiani nel giro di un biennio. La scommessa di Netflix e la sfida relativa al numero di pacchetti e sottoscrizioni non sono certo una novità dell’ultim’ora nel mondo delle tlc: d’altronde anche i grandi broadcaster della nostra tv da qualche tempo si soffermano più sul numero dei nuovi abbonati che sui dettagli del fatturato. L’a.d. di Mediaset Premium Franco Ricci ha marcato di recente che “l’obiettivo del 2015 è di superare i 2 mln di abbonati complessivi, portando poco più di 200 mila nuovi clienti. Nell’arco del triennio 2015-2017 Premium dovrà avere 700 mila nuovi clienti, collocandosi quindi a quota 2,7 mln di abbonati e tentando di sottrarne almeno 500 mila a Sky”. E anche in casa Sky, nonostante nel periodo tra luglio 2014 e giugno 2015 i ricavi siano calati del 2,5% e la raccolta pubblicitaria del 3,6%, l’a.d. Andrea Zappia è fiero del basso tasso di disdette degli abbonamenti, sceso al minimo storico del 9,6%. Si stappano bottiglie straripanti di soddisfazione, come riporta un articolo di ItaliaOggi di giovedì 30 luglio, anche per i 3 mln di abbonati MySky, i 2,4 mln di attivazioni del servizio SkyGo e gli 1,7 mln di case Sky connesse al web, con +136% di contenuti annui visti in download. Intanto Netflix, oltre a corroborare una strategia che tenga testa all’affermata pay tv e al dtt tricolore, pare dover far fronte a livello globale a un nemico che incombe nel settore degli over the top, ovvero la pirateria. Secondo una ricerca statunitense della società Parks Associates infatti, il 6% delle case americane dotate di banda larga accede alla tv via streaming utilizzando password altrui: acquistando “pacchetti famiglia”, la visione di contenuti su differenti dispositivi uscirebbe spesso quindi dalle mura domestiche. Per il momento la società di Hastings pare non aver preso misure restrittive, forse perché gli abbonati possano sentirsi liberi di spostarsi ovunque, anche in vacanza e utilizzare il servizio acquistato, o forse perché i pirati di oggi potrebbero fidelizzarsi e diventare i clienti di domani. Non è detto però, come riporta un articolo di ItaliaOggi di sabato 25 luglio, che la situazione non cambi: alcuni servizi come Hulu hanno iniziato a limitare il proprio streaming a un solo dispositivo, e qualora il fenomeno dovesse diffondersi, non è da escludere che anche gli altri ott seguano questo esempio. (V.R. per NL)