“Alla partenza di Netflix in Italia a ottobre avremo molti titoli, ci sarà un’offerta ampia e molte cose da vedere, ma sarà comunque l’offerta più piccola che si potrà vedere in questo Paese, perché da quel punto in poi crescerà sempre più”.
Queste le parole colme di ottimismo e di fiducia pronunciate da Joris Evers, capo della comunicazione Europa, Medio Oriente e Africa di Netflix, che aggiunge “ora stiamo lavorando duramente per costruire l’offerta di lancio. Stiamo studiando ciò che la gente guarda nella tv tradizionale, al cinema, su dvd, ciò che ricerca e scarica dal web. È un work in progress, i nostri uomini vengono in Italia in continuazione per stringere accordi e arricchire l’offerta”. All’inizio il pacchetto tricolore non potrà ovviamente essere al pari di quello statunitense, sia per motivi di investimento, che per ragioni di licenze già ripartite tra gli altri broadcaster televisivi. Fra i contenuti che il gigante dello streaming online non potrà avere in Italia, fanno capolino due serie Usa amatissime, alias House of Cards e Orange is the New Black, cedute rispettivamente a Sky e Mediaset Premium negli scorsi anni. “Nel 2012, quando abbiamo deciso di avere produzioni originali abbiamo messo molti soldi sul tavolo come produttori o primi acquirenti, ma non abbastanza per prendere anche i diritti per l’Italia – ha precisato Evers -. Sono passati tre anni e i nostri piani nel frattempo sono diventati più ambiziosi: ora Sky e Mediaset detengono la prima opzione su ogni nuova stagione, perciò finché non decideranno altrimenti, avranno tutte le puntate in anteprima sui loro network”. Le produzioni originali comunque, come riporta un articolo del quotidiano ItaliaOggi di martedì 30 giugno, resteranno il pezzo forte della strategia del colosso che fa capo a Reed Hastings, e quest’anno aumenteranno di portata e saranno il triplo rispetto al 2014 (si parla di 320 ore di programmi originali). La scommessa su cui si punta il tutto per tutto è poi quella della globalizzazione: “l’idea è che se tu vivi in Italia spesso non puoi vedere una serie lanciata negli States, di cui tutti parlano su internet – spiegano dal quartier generale -. Con Netflix invece tutti i nuovi lanci saranno globali, e questo significa dare potere agli spettatori. Non ci saranno più confini tradizionali del mondo televisivo, per cui un film si vede sei mesi dopo l’effettivo lancio nelle sale”. Ormai tutti si sono resi conto che il web sta travolgendo e rivoluzionando le modalità di visione della vecchia tv e c’è da giurare che tra una decina di anni soppianterà i metodi tradizionali. Proprio di questa idea è apparso Evers, che ha dichiarato che “la tv tradizionale sarà quello che è il telefono fisso oggi: la gente usa il telefonino, ha ancora la linea fissa, ma non la usa granché. Noi saremo una delle tante Internet tv: non pensiamo che Netflix sarà l’unica. Non abbiamo news, non abbiamo programmi di attualità, tv live o reality, né tantomeno lo sport”. Chi invece con un investimento di 1,3 mld di euro si è messo in tasca i diritti in Europa delle Olimpiadi invernali ed estive dal 2018 al 2024 è il promettente Gruppo Discovery (come sempre poi una parte dei diritti verrà concessa in sottolicenza ad altri). Lo sport d’altronde, pur avendo cifre da capogiro, è una leva certa e infallibile sia in termini di ascolti che di pubblicità (basta tornare indietro di dodici mesi all’evento del Mondiale brasiliano per averne un esempio lampante): ecco che l’ingente investimento di Discovery si trasformerà con tutta probabilità in un grande ritorno di immagine per il gruppo. “La copertura dei giochi olimpici – come spiegano i vertici – sarà aumentata da un maggiore accesso free-to-air e da una partnership innovativa con le emittenti e i distributori, così da dare vita a un evento mai visto prima, con contenuti visualizzati ovunque e in qualsiasi momento”. (V.R. per NL)