Il presidente dell’Autorita’ delle Comunicazioni, Corrado Calabro’, audito dalle commissioni Cultura e Trasporti della Camera sul disegno di legge Gentiloni, ha promosso il progetto del Governo e, a differenza del suo collega dell’Antitrust, ha accettato, purche’ temporaneo, il tetto pubblicitario del 45% per le aziende del settore; temporaneita’ che verrebbe meno col passaggio (a partire da Rai2 e Rete4) alla tecnologia digitale.
Abbiamo condiviso le motivazioni del presidente dell’Antitrust, Antonio Catricala’, quando si ‘e detto contrario al tetto per gli introiti da spot pubblicitari, perche’ sarebbe una sperequazione a vantaggio della Rai (che ha anche il canone/tassa come introito) e lascerebbe inalterata l’attuale situazione, con un mercato chiuso al duopolio Mediaset/Rai e quest’ultima in abuso di posizione dominante. Non condividiamo la posizione dell’Agcom, perche’ lascia inalterata la situazione non concorrenziale.
Ma intravediamo un punto d’incontro tra le due Autorita’. L’Antitrust aveva fatto sapere che al tetto preferiva agire caso per caso… cioe’ la situazione attuale in cui questa Autorita’ non ha mai messo il dito sulla piaga dell’abuso di posizione dominante. L’Agcom preferisce invece il tetto che conferma la posizione dominante della Rai nel mercato. Cioe’, in un modo o in un altro, questa Rai non si tocca: tutto il sistema di informazione radiotelevisiva deve ruotare intorno al colosso di Stato. Con l’accetta, come auspicano Gentiloni e Calabro’, o con il “laissez-faire, laissez-passer ” come vuol continuare ad agire Catricala’: il risultato e’ sempre il medesimo.
Il consumatore la prende sempre in tasca, costretto a non scegliere in questo mercato, e costretto a continuare a pagare con le proprie risorse un sistema d’informazione e di intrattenimento di Stato che obbliga anche chi non ne fruisce a foraggiarlo.
Il problema centrale, che il disegno Gentiloni non prende in considerazione e che le due Autorita’ non si sognano minimamente di sollevare, rimane quello dell’esistenza del canone/tassa: come tassa da pagare per il mero possesso di un apparecchio atto a ricevere trasmissioni televisive, e non come abbonamento volontario.
Intanto ci sforziamo di godere del teatrino di regime che queste audizioni alla Camera rappresentano: ognuno fa la sua parte e la regia e’ ben articolata per far si’ che la rappresentazione sia un inno a questa Rai.
Vincenzo Donvito, presidente Aduc