Tv: nel 2022 il 72% degli italiani ha guardato contenuti in streaming (85% nella fascia 18-34), dedicandovi nel 48% dei casi fino a due ore al giorno (più del tempo per la tv lineare via etere).
Il one click per la tv via etere tradizionale sui nuovi televisori non c’é più: la live tv è un’icona, al pari di Netflix, Prime Video, Disney, ecc.
Radio: penetrazione connected car in Europa sarà del 49% nel 2025, del 79% nel 2030 e del 93% nel 2035.
Unione Europea di Radiodiffusione (EBU): in Europa ascolto in auto è sceso nel 2022 al 57% per reach per una media di 35 minuti/giorno.
Germania: ascolto in auto contenuti in streaming (musica e podcast) è più che raddoppiato in 5 anni (29 milioni nel 2022).
Automotive: nuove autoradio discriminano FM a favore di DAB e streaming. E tendenza successiva (già evidente) è quella di preferire IP a DAB.
Spotify ha la propria icona su tutte le auto, mentre gli editori radiofonici europei sono completamente assenti sia direttamente che con aggregatori (negli Stati Uniti, invece, sono installate di serie le piattaforme di iHeart Media, Tunein, ecc.).
Ecco perchè è essenziale la posizione preferenziale (prominence) dei servizi di media audiovisivi e radiofonici di interesse generale (le emittenti radio e tv per come le conosciamo).
Esiti consultazione pubblica su prominence
Dovrebbe essere imminente la pubblicazione degli esiti della consultazione pubblica avviata da Agcom con delibera n. 14/23/CONS in materia di prominence dei servizi di media audiovisivi e radiofonici di interesse generale e del sistema di numerazione automatica dei canali della televisione digitale terrestre.
Questione vitale, ma disattesa dagli editori
Si tratta di una questione di vitale importanza per gli operatori radiotelevisivi lineari, posto che in gioco c’è, letteralmente, la sopravvivenza delle emittenti radio e tv per come le conosciamo.
Una questione incredibilmente disattesa dalle stesse, tutte prese a guardare le frequenze terrestri mentre il pubblico sta velocemente traghettando le proprie abitudini sullo streaming video e audio on demand.
Sul pezzo
Sul tema, praticamente solitari, stiamo su queste pagine martellando dal 2017 (sic!).
Se non vi è chiaro, qualche dato soccorrerà per comprendere la portata della questione.
72% degli italiani in streaming video nel 2022
Secondo uno studio condotto a fine 2022 da The Trade Desk e YouGov, rispettivamente società californiana di programmatic adv e di ricerche di mercato e data-analyst, il 72% degli italiani ha guardato contenuti in streaming. Se poi restringiamo la fascia d’età ai 18-34enni la percentuale sale all’85%.
E non rileva il fatto che tra questi vi siano anche coloro che seguono la tv via etere (DTT e sat), considerato che la tendenza alla fidelizzazione ormai è verso le piattaforme OTT (e non viceversa).
2 ore di streaming al giorno
Lo studio TTD-YG indica anche che il 48% di coloro che scelgono di guardare contenuti in streaming, dedica fino a due ore al giorno ai propri programmi preferiti. Un tempo ormai superiore a quello della tv lineare via etere.
Quale è il (vero) problema? Le tendenze dei produttori tv
Ma il problema non è tanto quello del tempo di fruizione o della fidelizzazione, quanto delle tendenze dei produttori tv: il one click per la Tv free-to-air (la tv via etere tradizionale) sui nuovi televisori non c’é più.
Smart hub
Come facilmente verificabile, ormai, all’accensione dell’apparecchio, si passa dallo smart hub (termine uniformato anche per tv diversi da Samsung per identificare la piattaforma di accesso generale del televisore), dove la live tv (free-to-air) è solo una delle icone presenti. Al pari di quelle di Netflix, Prime Video, Disney, ecc.
Live Tv poco attraente
Anzi, nemmeno al pari, a ben guardare, considerato che, come icona, quella della live tv è anche tra le meno attrattive.
Sullo stesso piano
Quindi gli OTT ormai giocano sullo stesso piano, visto che per accedere a Netflix o alla Tv generalista to air dobbiamo comunque passare da un’icona.
Paradosso e preoccupazione
E la situazione paradossale (e preoccupante) è che con un click si è dentro la piattaforma di streaming on demand (il catalogo di Netflix, nel caso di specie), mentre per fruire della tv lineare via etere (live tv), occorre pigiare un altro tasto, quello del telecomando per il logical channel number (LCN) del canale specifico DTT.
Complicazione in spostamento
Quindi, per farla breve, la complicazione per l’utente si sta spostando dagli OTT (un tempo macchinosi da fruire) alla live tv.
Meno di due anni
Secondo le proiezioni di diffusione di smart tv effettivamente connesse, è altamente probabile che entro il 2025 la fruizione di contenuti video in streaming sulla tv possa superare quella tv lineare via etere.
Lo studio di Strategy& – Statista
Non va meglio alla radio: secondo uno studio condotto da Strategy& (società di analisi delle tendenze dei mercato del gruppo PWC) con Statista (portale web tedesco per la statistica, che rende disponibili dati raccolti da istituzioni che si occupano di ricerca di mercato e di opinioni), nel 2021, a livello mondiale, circolavano 236,54 milioni di veicoli connessi, divisi tra USA (24% del mercato complessivo), Europa (31% del complesso) e Cina (33%) e, in misura molto minore, Giappone (12%).
025
Nel 2025 il numero stimato delle connected car che circoleranno sarà di 402,98 milioni, con la maggiore diffusione prevista per i mercati USA e Europa, seguiti dalla Cina.
Dieci anni dopo
Nel 2035 le stime di Strategy& e Statista prevedono 863,17 milioni, sempre con una distribuzione simile tra le tre aree (con gli Stati Uniti davanti e il Giappone come fanalino di coda).
Broadcaster preoccupati dalla perdita di controllo della distribuzione
Ben si possono pertanto comprendere le preoccupazioni dei broadcaster radiofonici nei confronti della perdita di controllo di quello che inevitabilmente sarà il principale canale di distribuzione di contenuti.
Il modello
Un aspetto strategico, quello del vettore unico IP, in grado di influenzare completamente il modello di business, considerato che dal suo esordio la radiofonia si è basata su una comunicazione unidirezionale rivolta ad un’audience passiva e indifferenziata.
Paradigma broadcaster
Sulle connected car, dove la somministrazione di contenuti in streaming è preferenziale, il paradigma dei broadcaster è completamente stravolto.
Entro sette anni il 79% delle auto europee sarà connesso
E, visto che le stime parlano di una penetrazione delle connected car in Europa del 49% nel 2025, del 79% nel 2030 e del 93% nel 2035, la fondatezza del timore è condivisibile.
Auto da competizione
“L’automobile rappresenta il terreno di maggiore scontro e competitività dove si intrecciano più contesti competitivi”, ha sottolineato in un recente intervento sul tema Confindustria Radio TV (CRTV).
Discoverability
Tali contesti sono, in termini di discoverability e accesso prioritario ai contenuti tra editori radiofonici, aggregatori radio (come TuneIN, FM World, MyTuner, Myradionline, per citare i più famosi) e piattaforme streaming (Spotify, Amazon Music, Apple Music, Deezer).
IP, DAB+ e FM/AM. In questo ordine
Mentre sul piano tecnologico, i contesti competitivi, secondo CRTV, riguardano “IP, DAB+ e FM/AM” (si noti la sequenza adottata da Confindustria), “anche se l’orientamento generale sembra essere quello “ibrido” ancorché fortemente legato agli accordi commerciali con le case automobilistiche”.
Ascolto radio in auto
L’Unione Europea di Radiodiffusione (EBU) rileva che, in Europa, “l’ascolto in auto è sceso nel 2022 al 57% in termini di reach per una media di 35 minuti al giorno”.
Ascolto auto in streaming in Germania raddoppiato in 5 anni
In Germania, si legge nel report CRTV, “l’ascolto in auto dei contenuti in streaming (musica e podcast) è più che raddoppiato negli ultimi 5 anni (29 milioni di utenti nel 2022)”.
UK: 80% auto dotate di mirrorlink
Nel Regno Unito “più dell’80% delle nuove autovetture prevedono soluzioni mirroring tramite smartphone (via bluetooth e/o cavo), il 30% circa sono connected cars (4G-5G)”.
Implicazioni ascolto in auto. Enormi
“Tutto questo – sottolinea Confindustria – rivela enormi implicazioni non solo in termini di controllo editoriale dei contenuti, ma anche in termini commerciali, soprattutto su chi alla fine riuscirà a gestire la raccolta pubblicitaria e i dati”.
Cosa è la prominence
Da qui la necessità di un intervento regolamentare per la definizione di un servizio di media audiovisivo (quindi radio e tv) di interesse generale, mente della Delibera n. 14/23/CONS (recante “Consultazione pubblica in materia di prominence dei servizi di media audiovisivi e radiofonici di interesse generale e di accessibilità del sistema di numerazione automatica dei canali della televisione digitale terrestre”).
Gli obiettivi della prominence
Con tale documento, l’Autorità si propone di individuare le modalità e i criteri cui i produttori di apparecchi idonei alla ricezione di segnali radiotelevisivi o radiofonici, i prestatori di servizi di indicizzazione, aggregazione o reperimento di contenuti audiovisivi o sonori o, ancora, i prestatori che determinano le modalità di esposizione dei servizi sulle interfacce degli utenti, dovranno attenersi allo scopo di assicurarne la fruizione.
Aggregatori come i ricevitori DAB
In definitiva, un coordinamento a livello UE che possa condurre all’adozione di una direttiva sul modello di quella che aveva introdotto l’interoperabilità dei ricevitori autoradio e dei ricevitori radio di consumo (obbligo sintonizzatori DAB+), successivamente da recepire mediante legge ordinaria da parte di ogni stato membro.
Rilievo per i titolari autorizzazione
Per essere ancora più chiari, un obbligo a carico di qualsiasi piattaforma di aggregazione di porre in rilievo (prominence), nei propri elenchi, le emittenti radiofoniche autorizzate di ciascun paese con forme di geolocalizzazione.
I liberisti dell’offerta
Obiettivo politico verso il quale, tuttavia, non vi è ancora una visione condivisa, considerato che secondo taluni ciò costituirebbe, da una parte, l’attribuzione ai broadcaster di una corsia preferenziale non motivata da un concreto interesse dell’utente e, dall’altra, un ingiustificato prolungamento di una rendita di posizione tipica degli editori radiotelevisivi tradizionali.
Libero decisore
In base a questa scuola di pensiero, l’unico decisore dovrebbe essere il pubblico, senza necessità di alcuna promince.
L’esperienza precedente
Lo stesso pubblico che ha premiato le piattaforme OTT di streaming video on demand anche quando la loro fruizione era molto (ma molto) più complessa di oggi. (M.L. per NL)