Lo sbarco di Al Jazeera negli Usa nello scorso anno non ha ottenuto i risultati sperati: come certificato da Nielsen, le trasmissioni sono seguite da appena 15 mila telespettatori in prima serata.
Questi numeri sono briciole se messi a confronto con le audience degli altri concorrenti tra i quali spicca Fox News che veleggia sugli 1,6 mln di pubblico e la Cnn che si aggira attorno ai 459 mila. Al Jazeera non ha raggiunto nemmeno la soglia di ascolto di Current tv, dell’ex vicepresidente Al Gore, seguita da poco più del doppio dei telespettatori, e di cui l’emittente del Qatar ha preso il posto nel sistema delle frequenze d’Oltreoceano. Di certo non si può dire che Al Jazeera America (Alj) non abbia impiegato tutte le forze e i mezzi disponibili per ottenere il successo nel panorama a stelle e strisce: l’emittente infatti non si è risparmiata negli investimenti per accaparrarsi audience e anchorman, già conosciuti dal grande pubblico. Ha speso per raggiungere 55 milioni di famiglie sui 100 mln che hanno la pay tv, ha aperto almeno una dozzina di uffici in tutto il paese, vanta al suo interno 800 dipendenti, puntando su anchor come Joie Chen, ex corrispondente da Washington per Cbs, Soledad O’Brien, autrice del famoso documentario Black in America e Antonio Mora, con una lunga carriera in Abc. E allora a cosa è dovuto lo scarso successo – per non dire addirittura il flop – dell’emittente? Secondo alcuni analisti statunitensi l’errore di Alj sarebbe stato quello di voler entrare nelle case Usa rassicurando i telespettatori, evitando grandi strappi, hard news o prese di posizione radicali sui fatti di cronaca. Del resto nell’agosto dello scorso anno, i vertici della struttura operativa di Al Jazeera America avevano tenuto a precisare e a far passare il messaggio che non è mai esistito alcun legame ideologico tra la nuova emittente e la casa madre in Qatar, usata da Bin Laden per le sue rivendicazioni a seguito dell’attacco dell’11 settembre. Se poi si aggiunge, sempre secondo gli analisti, che il palinsesto ha dato poco spazio ai veri eventi top della cronaca federale e internazionale, e che i grandi inserzionisti si sono mostrati diffidenti verso l’emittente, ecco spiegati i motivi dell’insuccesso. Certo è che dando un’occhiata d’insieme ai risultati dell’anno in corso, l’industria pubblicitaria televisiva americana sta assistendo ad un brusco e generale tracollo, incassando il suo primo calo dal 2009. Nonostante gli Emmy Awards (i famosi Oscar della tv statunitense) e nonostante la stagione estiva, considerata solitamente il periodo più proficuo dell’anno, secondo le stime della società Media Dynamics, i canali tradizionali e quelli via cavo hanno registrato un complessivo -6% – i grandi canali paiono essere stati i più colpiti con un -7,7% di inserzionisti, mentre per le emittenti via cavo il calo è stato del 4,7% -. La tv per ora attrae la maggior fetta degli investimenti pubblicitari oltreoceano, soprattutto grazie alle dirette degli eventi sportivi (si veda la finale della Coppa del Mondo, seguita da 26,5 mln di americani, e gli Emmy Awards che hanno visto sintonizzati 17,6 mln di telespettatori), ma gli altri spettacoli sono in continua sofferenza. Questo probabilmente è dovuto alla migrazione verso contenuti video dedicati a smartphone e tablet: basti pensare al successo dei più volte ricordati servizi in streaming on demand Netflix, Hulu, Amazon, in grado di attrarre un pubblico trasversale e che potrebbero diventare un vero e proprio pericolo non solo per la tv tradizionale statunitense, ma anche per quella internazionale. (V.R. per NL)