Tv e OTT. Il rilancio delle serie tv italiane: Netflix e Amazon grandi investitori. Opportunita’ o pericolo per i broadcaster nazionali?

serie tv italiane

L’audiovisivo italiano sta diventando sempre più forte. Questo periodo florido che il settore sta attraversando – e che coinvolge in primis le serie tv italiane – va attribuito innanzitutto ai grossi investimenti ad opera degli OTT e, di riflesso, dei broadcaster tradizionali che cercano di stare al passo.
Basta pensare a Netflix, che di recente ha annunciato l’intenzione di investire ben 200 milioni di euro in produzioni originali made in Italy per i prossimi tre anni.
La costante richiesta di contenuti locali da parte dei colossi americani sta premiando i produttori indipendenti e i progetti di alta qualità, dando loro spazio anche nel mercato internazionale.

Eppure, di fronte a questa fase più che positiva, c’è chi invita alla cautela e a non lasciarsi sfuggire quest’occasione. Stiamo parlando di Giancarlo Leone, attuale presidente dell’APA (Associazione Produttori Audiovisivi) e membro del Consiglio superiore del cinema e dell’audiovisivo (dopo aver ricoperto per ben 33 anni le cariche dirigenziali più alte all’interno della Rai), che ha lanciato un monito: “Attenzione a non perdere questo momento magico con un freno a mano o con qualche decisione che potrebbe mettere a rischio questa ripresa. È fondamentale che ora non si torni indietro”, ha dichiarato in un’intervista sul quotidiano Italia Oggi.

APA - Tv e OTT. Il rilancio delle serie tv italiane: Netflix e Amazon grandi investitori. Opportunita' o pericolo per i broadcaster nazionali?Attenzione al tax credit

A detta di Leone bisogna stare attenti al tax credit (credito d’imposta in capo ai soggetti privati che investono nel cinema e nell’audiovisivo), un beneficio fiscale che si è inceppato: “Ha funzionato talmente bene che la disponibilità annua non è sufficiente per poter reggere il peso della crescita della produzione. Le richieste sono aumentate e richiedono un maggiore stanziamento e anche alcuni meccanismi da rivedere. Insieme con Anica abbiamo fatto incontri molto fruttuosi per vedere come modificare la normativa e rifinanziarla”, ha commentato il presidente dell’APA.

Il rilancio della serialità

Nel settore audiovisivo, intanto, chi trae vantaggio economico sono soprattutto i produttori indipendenti di serie tv italiane. “Fino a qualche anno fa avevano sostanzialmente tre riferimenti: Rai, Mediaset e Sky – afferma Leone – Mediaset negli ultimi anni aveva un po’ frenato e ora sta riprendendo a investire sulla serialità. Sky ha accelerato, ma chi ha tenuto in piedi il sistema con investimenti consistenti è stata la Rai. Tutto questo è stato positivo, ma non aveva una visione internazionale. Così l’avvento delle grandi piattaforme on demand, Netflix e Amazon, ha aumentato il numero di soggetti sul mercato. Questo ha ampliato il campo di riferimento dei produttori e accentuato la vocazione internazionale”.

Quale rapporto tra OTT e broadcaster?

Questa massiccia presenza di diversi soggetti nel mercato audiovisivo, contrariamente a quanto ci si aspetta, non dovrebbe però comportare necessariamente una scissione di contenuti, né creare un divario tra modello locale ed internazionale. “Mentre cambia il modello di fruizione, si è modificato con rapidità e intelligenza anche il modello contenutistico di prodotti”. Secondo l’ex dirigente Rai, quindi, vedere ora un titolo su un’emittente locale piuttosto che su un player online non fa più differenza.
Ovviamente, le grandi piattaforme rimangono leader nel settore grazie alla loro potenza economica: “Hanno mezzi finanziari decisamente più consistenti rispetto ai broadcaster nostrani. Potrebbero finanziare al 100% un prodotto realizzato in Italia senza discutere e usare i produttori indipendenti come esecutivi: pagano tutto e si prendono tutti i diritti. Con i broadcaster non esiste questa situazione perché le disponibilità economiche sono limitate: il prodotto si realizza con il loro contributo, quello dei produttori indipendenti, del tax credit e delle vendite internazionali”, ha commentato Leone.

Gli investimenti degli OTT minacciano la presenza dei broadcaster nel mercato

Per quanto riguarda il valore di produzione, nell’ambito delle serie tv italiane gli OTT hanno investito nel 2018 circa 20/30 milioni di euro. Tale cifra dovrebbe arrivare a quota 50 milioni nel 2020 ed a 80 milioni nel 2022.
Di fronte a questo vertiginoso aumento cresce anche la preoccupazione per il futuro dei broadcaster tradizionali: “A fronte di una crescita di investimento delle piattaforme dovrebbe corrispondere una crescita dei loro abbonati e bisogna capire se ciò inciderà su quelli di Sky e sul consumo tv per Rai e Mediaset. La Rai ha mantenuto 180 milioni di investimento l’anno, Sky intorno ai 40 milioni e circa 50 milioni Mediaset. Dipenderà non solo da quanto credono nel prodotto, ma anche dal conto economico. Dobbiamo augurarci che la crescita delle piattaforme on demand possa accompagnarsi al mantenimento delle altre”, chiosa Leone. (G.S. per NL)

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