Siamo arrivati a fine 2022, sono dunque passati sei mesi del sudato rilascio della banda 700 MHz a favore del 5G. È giunto dunque il momento di fare il punto su queste frequenze, per capire se tutti i problemi che il “refarming” ha causato al settore televisivo erano davvero necessari; quanto meno in tempi cosi ristretti.
Certo, lo Stato ha incassato una cifra spropositata (in parte utilizzata per indennizzare i broadcaster locali che hanno dismesso i diritti d’uso delle frequenze utilizzate prima della naturale scadenza), ma le telco stanno davvero utilizzando questo spettro? E se – senza per ora nulla dire – stessero pensando al DVB-I over 5G, argomento sfiorato nella recente intervista di NL a Marco Pellegrinato di Mediaset, prima in assoluto sul tema?
La banda 700 MHz
Come sappiamo i 700 MHz sono un arco di frequenze utilizzato per servizi televisivi fino dagli anni 60/70: da 694 a 790 MHz, corrispondenti ai canali UHF 49 – 60. Tramite un processo detto refarming (l’equivalente italiano riassegnazione suonava forse troppo sincero) questi ex canali tv erano stati allocati al 5G, sulla base di una direttiva della Conferenza mondiale delle Radiofrequenze WRC 2015/2019.
Cassa
Una occasione ovviamente sposata con entusiasmo dagli stati nazionali che hanno visto la possibilità di batter cassa (formalmente alle telco, ma in definitiva agli utenti finali della telefonia mobile).
La storia
Newslinet si è occupata costantemente di questo processo e chi desidera ripercorrere la vicenda può partire da qui e ripercorrere all’indietro la catena dei link.
Reality check
Cominciamo con ricordare le promesse degli operatori mobili del 2018 (non necessariamente legate ai 700 MHz, ma al 5G in generale): “Le reti 5G consentiranno di ottenere una capacità di download di circa 10-50 Gigabit con una latenza massima di 1 millisecondo per le comunicazioni mobili”.
Test in Francia
Chi scrive, in Francia, rileva oggi in 5G una latenza di 41 ms e una velocita’ di download di 180 Mbps, due ordini di grandezza peggio del promesso.
Finto 5G
Motivo: secondo i tecnici del settore ancora non stiamo utilizzando il vero 5G, visto che si sono implementate soluzioni non stand alone, basate su una core network 4G che utilizza la dynamic spectrum sharing.
Uso
Passiamo all’utilizzo della banda, anche basandoci sui dati raccolti dal Stefano Bolis, esperto da noi intervistato a novembre 2022. Cominciamo con ricordare come solo tre operatori si sono aggiudicati le frequenze a 700 MHz: TIM, Vodafone e Iliad.
Dichiarazioni
Ebbene, a oggi nessuno di questi operatori ha diramato annunci ufficiali rispetto a iniziative, servizi o miglioramento delle performance resi possibili da queste acquisizioni.
Community
In mancanza di comunicazioni ufficiali serve ricorrere al crowd sourcing delle informazioni. Una delle fonti migliori è la community lteitaly.it, che pubblica mappe aggiornate con una quantità sorprendente di dati relativi al territorio italiano.
Iliad
Iliad, la società fondata da Xavier Niel sorella della francese Freemobile è stata fin’ora la più attiva: ha infatti acceso, a macchia di leopardo ma a livello nazionale, una serie di BTS utilizzando la tecnologia Dynamic Spectrum Sharing.
Vodafone
Vodafone invece utilizza i megahertz assegnati in modo limitato ed esclusivamente per il 4G. In particolare il numero di BTS attive anche in banda 28 (i famosi 700 MHz) rappresenta solo il 2% del totale.
TIM
Per quanto riguarda TIM nessuno ha rilevato attivazioni, dunque, per dirla con il molto british Bolis, “è lecito pensare che la società sia in attesa di capire come sfruttare al meglio queste frequenze“.
DVB-I
TIM avrebbe speso oltre 680.000.000 euro per stare ferma e cercare di capire?
E se stessero pensando al DVB-I? Si tratta ovviamente solo di una nostra ipotesi e l’idea ci è venuta proprio dopo l‘intervista all’ing. Pellegrinato di Mediaset.
Reti diverse dalle attuali
In questa viene affermato che “L’avvento del DVB-I rappresenta una perfetta soluzione di continuità standardizzata e aperta, per la fornitura di servizi di televisione lineare”, ma anche che per il DVB-I “servono reti diverse dalle attuali, progettate con tecnologie e requisiti diversi da quelli attuali, per garantire una qualità e continuità di servizio analoghi al broadcast tradizionale via etere. Serve una rete IP unica per il broadcasting. Non importa chi la realizzerà. Il DVB-I è solo il punto di partenza, la rete quello di arrivo.”
DVB-I over 5G ?
La prima nostra reazione è stata di meraviglia: chi dovrebbe realizzare “una rete IP diversa dalla attuale” che garantisca “bassissima latenza” ? E perché mai dovrebbe farlo?
L’ipotesi dunque che questa possa essere proprio la banda 700 MHz utilizzata non più in DVB-T ma (anche) in DVB-I.
Analisi critica
Gli elementi tecnici ci sarebbero, considerato che i requirements per il DVB-I su 5G comprendono”support different Rel-16-based 5G operation modes, namely 5G Broadcast, unicast-based 5G Media Streaming, concurrent delivery of the same service over both modes“.
Risparmio
Quanto a quelli economici, i broadcaster potrebbero risparmiare, eliminando i costi della propria rete di diffusione e sostituendoli con un fee da pagare alle telco per il trasporto dei loro programmi.
No comment
Abbiamo cercato di validare la nostra ipotesi direttamente rivolgendoci a Mediaset per un follow-up all’intervista a Pellegrinato. Ma, al momento, il gruppo ci ha risposto che preferisce non rilasciare approfondimenti, almeno fino all’avvio dell’annunciata sperimentazione. (M.H.B. per NL)