Nell’area tecnica 1, Piemonte occidentale, coincidente con le province di Cuneo e Torino, la maggioranza degli editori locali ha ottenuto quello che aveva richiesto. Cioè, mediante un’opportuna concertazione, favorita dal MSE-Com (che così ha limitato il rischio di una pericolosissima valanga di ricorsi al TAR che avrebbe potuto bloccare l’intero processo di migrazione con un devastante effetto domino), le emittenti hanno manifestato al dipartimento delle Comunicazioni del dicastero di Scajola le proprie preferenze per l’assegnazione del diritto d’uso temporaneo di una data frequenza. Per parte propria, l’MSE-Com, ove la manifestazione di interesse non risultava in contrasto con analoga richiesta o con il quadro di assegnazione internazionale, non ha avuto difficoltà ad accontentare i richiedenti. Sicché la maggior parte degli operatori di rete locali ha ottenuto l’assegnazione del diritto d’uso ad operare sulla frequenza principale storicamente occupata, oppure su un canale della medesima banda, in grado, cioè, di fornire prestazioni analoghe a quelle precedenti. Tutti felici e contenti, pertanto? Mica tanto, perché il giorno dopo le assegnazioni sono cominciate le riflessioni a freddo e così in molti hanno scoperto che realizzare (in sei mesi) una rete SFN (Single Frequency Network: con una stessa frequenza si illuminano bacini adiacenti) può essere molto costoso e non già e solo per l’installazione dei trasmettitori (posto che in prima battuta si procederà alla mera risintonizzazione degli impianti esistenti sull’unica frequenza assegnata, mantenendo inalterata la consistenza impiantistica, fatta salva la riduzione di 6 dB in caso di migrazione da analogico a digitale), quanto perché l’utilizzo dello stesso canale rende impossibile i collegamenti a rimbalzo o in banda, che nelle valli sono molto frequenti. Non raramente gli editori si sono visti recapitare in questi caldi giorni d’agosto preventivi da sudori freddi per l’installazione di tratte di collegamento che sfioravano o superavano il milione di euro (e parliamo solo degli impianti di interconnessione). La decisione da prendere quindi nell’arco di poco più di sei mesi è dolorosa: investire somme importanti per (continuare) a raggiungere centri abitati secondari di limitata appetibilità commerciale ed editoriale o rinunciarvi (privando l’utenza di canali informativi locali) conseguendo una inevitabile riduzione dell’assegnazione (ex art. 52 c. 3 D.Lgs. 177/2005)? L’alternativa, in verità, ci sarebbe: l’art. 1 c. 3 della Delibera Agcom 294/09/Cons prevede, infatti, che le reti dell’area tecnica 1 siano realizzate in tecnica isofrequenziale, “fermo restando che in presenza di particolari e limitate situazioni, può essere prevista una copertura in tecnica k-SFN o MFN”. Quindi, chiedendo un’assegnazione integrativa di almeno un’altra risorsa frequenziale per le aree minori (ovviamente la richiesta non può essere strumentale al conseguimento di una ridondanza frequenziale), si potrebbe, alternando i due canali, realizzare una rete in MFN (Multi Frequency Network: con una stessa frequenza si illuminano bacini adiacenti) superando il problema dell’installazione di nuovi impianti di collegamento ove le attuali emissioni analogiche o digitali siano interconnesse mediante rimbalzo. Una soluzione che impone tuttavia, un complesso studio di fattibilità preventivo che dovrà essere vagliato ed autorizzato dal MSE-Com.