700mila utenti all’attivo e un bacino di famiglie gia’ raggiungibili stimato a fine 2010 nel 5% di quelle italiane: sono i numeri della televisione su Internet Protocol o Iptv che sta gia evolvendo nella cosiddetta ‘Smart Tv’ grazie agli ultimi apparecchi televisivi con cui e’ possibile connettersi direttamente alla rete.
Nonostante si calcoli in 30 milioni l’anno la cifra degli investimenti relativi all’acquisto dei contenuti televisivi pregiati sui quali investono gli operatori, la tv via internet stenta a diffondersi in Italia. Le cause sono da ricercarsi in un quadro normativo che, ”disegnato per i media tradizionali, spesso rappresenta un ostacolo allo sviluppo del mercato, e in un’eccessiva rigidita’ dell’offerta di diritti, che non consente lo sviluppo di un’offerta legale di contenuti distribuiti su Ip”. E’ questo lo scenario delineato dal primo rapporto dell’Associazione Italiana degli Operatori Iptv, presieduta da Irene Pivetti, presentato oggi alla Camera dei deputati. Dal documento emerge la necessita’ di porre ”una maggiore attenzione ad un corretto inquadramento sul piano normativo delle tendenze in atto: le regole attuali non tengono conto delle specificita’ di Internet e senza adeguati correttivi – afferma l’associazione che raggruppa Fastweb, Telecom Italia e Wind – c’e’ il rischio che si creino barriere non giustificate allo sviluppo del mercato e si continuino ad applicare ai nuovi servizi – prevalentemente non lineari (on demand) – norme pensate per i tradizionali servizi lineari”. Tra le soluzioni per garantire un’effettiva disponibilita’ dei diritti, l’Associazione segnala l’importanza di definire licenze collettive estese per la ritrasmissione dei canali lineari e la necessita’ di evitare che lo sviluppo sia frenato dall’assenza di offerta di diritti, che produce effetti negativi sulla concorrenza e sullo sviluppo dei servizi audiovisivi su Ip. (Adnkronos)