Sono in continuo aumento i professionisti che puntano il dito contro la mancata strategia di evoluzione del digitale terrestre. A queste voci si sono affiancate, recentemente e con un valore più che significativo, quelle di Giorgio Simonelli dell’Università Cattolica di Milano, di David Bogi del gruppo Mediaset e di Secondo Montrucchio, responsabile di Philips Italia. E sebbene le analisi dei suddetti siano articolate in modi e forme diversi, tutte puntano a concordare una sola grande verità: quella secondo la quale la tecnologia numerica avrebbe fatto ormai passi da gigante ma sarebbe rimasta del tutto sola, dimenticando il binomio che avrebbe dovuto costituire con i contenuti, rimasti non solo in stile generalista ma, a quanto pare nella maggior parte dei casi, semplicemente replicati nell’alternativa digitale. L’accusa mossa dagli esperti è quella di non aver innovato l’offerta televisiva, nonostante il nuovo ambiente permetta una tv generalmente considerate più bella, più interattiva e pluralista, oltre che, naturalmente, on demand. Riciclare la produzione televisiva classica, non solo semina tra il pubblico un totale disinteresse per i palinsesti digitali, ma crea la consapevolezza di una grande sfida contro la quale autori ed editori devono categoricamente scontrarsi: quella appunto dei contenuti. E come discusso il 27 novembre a Milano, nell’ambito di una conferenza sulla questione organizzata dalla rivista specializzata Millecanali, è assurdo quanto gli operatori di telecomunicazioni abbiano investito e speso in un progetto che giorno dopo giorno si è rivelato un flop, dove l’interesse primario sembra essere stata la distribuzione, a discapito del prodotto. (Marco Menoncello per NL)