Nei giorni scorsi abbiamo osservato come l’avvicinamento della data dell’abbandono della tecnologia analogica in ambiente tv, quanto meno nelle regioni del nord e centro Italia, codificata con apposito decreto ministeriale, avrebbe inevitabilmente comportato una serie di problemi non indifferenti sia per gli operatori che per gli utenti, assolutamente disinformati e confusi (si pensi solo al gigantesco pasticcio della tv HD, ad alta definizione). Detto articolo ha suscitato un grande interesse e molta preoccupazione tra i lettori di questo periodico, che hanno inviato alcune considerazioni che di seguito riportiamo, unitamente ad indiscrezioni raccolte in queste ultime ore. Ci scrive a riguardo un operatore televisivo: “Ritengo interessanti le vostre considerazioni circa la sottovalutazione apparente del governo degli effetti sull’utenza dell’avvicinamento del termine per lo switch-off. Penso che si tratti di un’operazione mirata a favorire i grandi gruppi, gli unici che non avranno problemi a sopportare la migrazione tecnologica e che, anzi, dalla stessa trarrebbero enormi vantaggi di posizione. Mi spiego meglio: è molto probabile che, in sede di pianificazione, gli attuali impianti a grande copertura già operanti in ambiente digitale (24 ore) non verranno toccati, allo scopo di mantenere un punto fermo per gli utenti già fidelizzati al DVB-T. Ad essere assegnate saranno, con ogni probabilità, le frequenze attualmente utilizzate per le emissioni analogiche, il cui avviamento (presintonizzazione) sarà totalmente azzerato, così che coloro che dovranno operarvi dovranno iniziare un lento e costoso lavoro di informazione e sensibilizzazione sull’utenza; attività che invece i grandi gruppi hanno già condotto”. A parte il problema dell’azzeramento dell’avviamento determinato dalla presintonizzazione dei canali analogici (il posizionamento numerico sul telecomando che, semmai recuperabile, lo sarà solo per le prime 7/8 posizioni, come diremo di seguito), vi è quello, non meno importante, determinato dalla raccolta pubblicitaria per tutto il periodo di consolidamento della nuova tecnologia. Oggi, tutte le emittenti locali hanno un più o meno consolidato portafoglio clienti, con listini tarati su ascolti, coperture e livelli di feed-back commerciale collaudati. Quanti inserzionisti saranno disponibili ad accettare l’applicazione delle medesime tariffe durante il presumibilmente lungo periodo di start-up, lungo il quale i parametri precedentemente applicati risulteranno cancellati? E in questo caso, come sopporteranno i costi connessi alla migrazione digitale (non solo in termini di aggiornamento tecnologico degli impianti, ma anche di pubblicizzazione dei nuovi riferimenti per la sintonizzazione) e di normale conduzione imprenditoriale emittenti locali private della principale fonte di reddito? E ciò proprio in un momento in cui servirebbero le maggiori risorse economiche possibili anche per competere, non solo sul piano tecnico, ma anche su quello dei contenuti (i mux andranno riempiti con contenuti d’interesse, per catturare l’audience). E’ molto probabile, poi, che in prossimità dello switch-off quel geniaccio di Murdoch intensifichi la campagna abbonamenti di Sky, cercando di catturare tutti gli utenti indecisi se investire per adeguarsi al digitale o passare definitivamente al sat, approfittando, mai come in questo momento, del principio di neutralità tecnologica codificato dal Codice di comunicazione elettronica. Si tratta soprattutto dei possessori di più televisori non digital ready, che, passando al DVB-T, dovrebbero acquistare più decoder o acquistare nuovi apparati con decodificatore inbuilt (ma spesso non HD ready, con inevitabile futura vanificazione dell’investimento). In questo caso è facile attendersi un dumping massiccio da parte di Sky, con offerte che, con ogni probabilità, prevedranno la fornitura gratuita dell’hardware (parabola, ricevitore e forse anche installazione) a fronte di un abbonamento a condizioni vantaggiose per il primo anno o i primi due. Da attendersi dal magnate australiano magari anche un’offerta combinata per usufruire di più decoder per visionare i programmi con più televisori per abitazione, allo scopo di sovrapporsi completamente alla tv terrestre, sfruttando il momento topico della transizione tecnologica. Un altro player ci segnala inquietanti rumors a riguardo di presunte avanzate negoziazioni con i produttori di decodificatori DVB-T da parte dei grandi gruppi tv esistenti, col l’intento di conseguire privilegi durante la fase delicatissima della ricerca automatica dei canali, in barba alla delibera dell’Agcom che impone il rispetto della numerazione dei canali inter-piattaforma, allo scopo di evitare abusi e creazioni di nuove posizioni dominanti. Allo stato, infatti, è noto che la gran parte dei decodificatori in commercio colloca in sequenza di canale i programmi ricevuti: dal primo canale utile VHF all’ultimo UHF. Ove, viceversa, il decodificatore venisse programmato dal costruttore per una programmazione “intelligente” (rectius, pilotata) le grandi emittenti nazionali verrebbero collocate nelle prime posizioni del telecomando, mentre le tv locali verrebbero relegate in coda (con recupero di posizione solo attraverso macchinose operazioni di memorizzazione), un po’ come avviene ora nel bouquet Sky, dove la numerazione (pre)assegnata ha una fortissima incidenza sulla visione di un determinato programma. Quello che stupisce più di ogni altra cosa a riguardo di quanto qui descritto, è il silenzio su tutti questi aspetti, assolutamente logici ed evidenti, da parte delle rappresentanze delle emittenti locali, che dall’anticipazione dello switch-off rischiano di essere le più penalizzate, insieme all’utenza (allo stato ancora assolutamente disinformata sulla tecnologia digitale terrestre, col rischio di cadere facilmente in prevedibili truffe da parte di installatori disonesti) chiamata ad inevitabili investimenti economici. L’intento di ravvicinare la data di migrazione definitiva della tecnica trasmissiva è in sé condivisibile, a condizione, però, che sia accompagnato da indispensabili interventi di supporto e contorno. Che, nel caso di specie, non paiono essere stati pianificati.