Secondo quanto è emerso anche nella recente indagine dell’Antitrust sul caso R2-Sky, con il livello tecnologico odierno, il DTT sarà una presenza rilevante ancora per molti anni.
Il digitale terrestre è presente in maniera capillare sul territorio italiano e raggiunge, ormai, circa il 90% della popolazione: un dato ineguagliabile, se paragonato con le altre piattaforme.
Prendendo un campione di abitanti della penisola, il 70% dei consumatori di servizi televisivi a pagamento possiede un solo abbonamento pay tv – utilizzando quindi come alternativa la DTT free -, mentre il 23,4% utilizza altre due piattaforme (solitamente un servizio pay tv sat o DTT e un servizio streaming on demand).
In sostanza, le piattaforme internet (c.d. OTT) costituiscono degli strumenti complementari alla televisione tradizionale.
A porre ulteriormente l’accento sulla questione, da terzo interpellato nel procedimento tra Sky e R2, è stato DAZN (l’operatore pay tv di contenuti sportivi che propone un’offerta commerciale in modalità on demand), il quale ha affermato che in Italia esiste “un elemento strutturale di ritardo tecnologico” che, nonostante i miglioramenti apportati negli ultimi anni, mette sotto pressione i servizi live streaming.
Diverse volte, dal suo ingresso nel mercato italiano, la piattaforma londinese ha ricevuto contestazioni da parte degli abbonati per disfunzioni durante le trasmissioni, che sono sempre state dovute alla saturazione della capacità trasmissiva di internet nelle reti italiane. Problemi che hanno rallentato, di fatto, la fruizione del contenuto.
Stando a quanto dichiarato da Dazn, in Italia, il bitrate – ossia, il trasferimento di informazioni digitali in un certo periodo di tempo – è sensibilmente inferiore rispetto agli altri Paesi in cui la stessa opera e ciò è legato principalmente a problemi infrastrutturali della rete e a ritardi sull’avvento del 5G.
Tim e Vodafone, anch’esse parti terze nel procedimento istruttorio, concordano sul fatto che la distribuzione di internet, attualmente, non permette un vero live streaming. Una precisazione è però d’obbligo: si parla espressamente di audio/video, combinazione che richiede maggior capacità trasmissiva e non di solo audio, che invece allo stato della diffusione della banda larga (anche mobile con 3 e 4G) già garantisce ottime performance a favore di servizi di streaming audio on demand o di live streaming radiofonico.
In conclusione, il messaggio che arriva dagli stessi player della IP Tv è che, almeno fino a dopo il 2022 (data in cui il 5G comincerà gradatamente ad affermarsi in una fase post-sperimentazione), l’unica possibilità che le tv che effettuano contenuti live hanno per garantire un servizio tecnologico affidabile e costante alla propria utenza, è quella di integrare la multipiattaforma combinando IP e DTT. (D.D. per NL)