Per mettere insieme le sei facce del rompicapo nei diversi colori, non basterà però il “bollino blu” dei decoder ed il “bollino bianco” delle tv con il decodificatore DVB-T incorporato: occorrerà ineluttabilmente un ulteriore “bollino” ( giallo?) per gli impianti delle tv trasmittenti, che dovranno rinnovare la catena degli apparati. Dall’emissione ai ponti di collegamento, dai trasmettitori alle antenne (posto che la configurazione dei sistemi radianti probabilmente muterà), le stazioni saranno sottoposte ad un dissanguamento finanziario. Con ingenti investimenti soprattutto per le reti a copertura interprovinciale alla presenza di orografie complesse (si pensi alle valli della Lombardia). Spese immani, da sostenere in un periodo di crisi economica mondiale e con un sistema del credito italiano che difficilmente finanzia questo tipo di interventi d’ammodernamento.
Gli utenti non sono pronti. E spesso nemmeno lo sanno
Occorrerà, poi, necessariamente, un altro bollino ( verde? ) per gli impianti di ricezione. Non è, infatti, scontato, come si vorrebbe far credere, che gli attuali impianti siamo predisposti per le ricezioni di oltre 50 bouquet DVB-T per area. Moltissime antenne sono obsolete e/o in una condizione di assoluta precarietà e si calcola che per la sola Lombardia non basteranno 18 mesi per concludere gli interventi essenziali degli antennisti.
I telecomandi termineranno i più piccoli
Necessiterà fatalmente di un bollino (arancione?) per i telecomandi, che dovranno prevedere criteri di non discriminazione dei programmi tv, come per esempio l’inserimento di non meno di tre numeri (codice a tre cifre: 100, 101, 102, 301, ecc.) per la selezione del programma prescelto. La stessa Sky ne fa impiego per il proprio telecomando per bilanciare le posizioni delle emittenti nel bouquet. Ove così non si facesse, i canali con due numeri o addirittura con uno solo sarebbero sempre i più visti, mentre i programmi a tre cifre ne uscirebbero fortemente penalizzati. In una prospettiva di questo tipo le tv locali (quali aziende) sarebbero ghettizzate e condannate.
Il ginepraio delle assegnazioni dei canali
Servirà per forza un bollino (rosso?) per ogni delibera di assegnazione dei canali approvata dall’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, cui seguirà l’assegnazione dei diritti d’uso da parte del Ministero dello Sviluppo Economico – Comunicazioni. Il Governo esalta, infatti, il “successo” della Sardegna (tutto da verificare nella realtà, peraltro) e il probabile risultato positivo per la Valle d’Aosta, “dimenticando” di sottolineare come, in realtà, la favorevole orografia territoriale (un’isola ed un valle chiusa!), in quei casi, ha facilitato e aiuterà enormemente la migrazione. Non sarà certo la stessa cosa, per esempio, in un’area “aperta” come quella lombarda. A causa di un disastrato Ispettorato Territoriale del MSE-Com, da sempre assolutamente indifferente verso le istanze di compatibilizzazione, ottimizzazione e razionalizzazione delle emittenti, il territorio lombardo è ridotto ad autentico “inferno radioelettrico”. Ogni emittente, giustamente, pretenderà l’assegnazione di un canale tv equivalente quantomeno all’attuale in termini di:
• canalizzazione dei sistemi di ricezione (se le antenne degli utenti non verranno adeguate, ci saranno canali non sintonizzabili, in quanto non previsti dalla canalizzazione della centrale dell’impianto ricevente);
• puntamento dell’antenna ricevente sullo specifico sito di trasmissione (un’antenna ricevente opposta al nuovo sito trasmissivo non potrà captare sufficientemente i segnali trasmessi).
Superare i cronici conflitti interferenziali determinati dalla mancata applicazione di un piano di assegnazione delle frequenze (che ha determinato la creazione di posizioni giuridiche fattuali che ora vanno tutelate) e, soprattutto, dall’inerzia di alcuni Ispettorati, quali quello lombardo e campano (per citare i casi più eclatanti tra le regioni prossime allo switch-off), non sarà cosa semplice.
Domande chiave
Le due domande chiave sono: ci sono canali per tutti gli aventi diritto ? I canali assegnabili ad ogni avente diritto saranno qualitativamente sempre ricevibili come i precedenti analogici?
Le emittenti che dovessero risultare penalizzate impugneranno i provvedimenti di assegnazione dei diritti d’uso dei canali individuati dalle delibere pianificatorie dell’Agcom avanti al TAR e, considerata l’indubbia superficialità con cui è stata trattata la questione, le probabilità di ordinanze cautelari che sospendessero l’efficacia degli atti amministrativi sarebbero elevate, con riflessi gravissimi sull’intera operazione di migrazione (una sola sospensiva di un TAR interromperebbe l’intero processo areale).
Il nodo dei finanziamenti
Il cubo magico del digitale terrestre non si completerà poi senza la corretta definizione della politica di distribuzione dei contributi (1 miliardo di euro), annunciati dal Sottosegretario alle Comunicazioni Paolo Romani. La contribuzione pubblica acquisisce un ruolo di primaria importanza per capire come sarà distribuita “l’energia” che muoverà le componenti del cubo sino alla soluzione del rompicapo. Definizione da concretare senza indugio, visti i tempi stretti del calendario che prevede la digitalizzazione della Lombardia entro il 2010.
E’ evidente che non può bastare finanziare l’acquisto dei decoder o delle tv con il decodificatore incorporato, quando l’impianto ricevente non è adatto alla ricezione dei nuovi segnali, e nemmeno risulta sufficiente finanziare l’adeguamento delle antenne dei cittadini quando non tutte le emittenti tv si possono permettere la costosa migrazione dall’analogico al digitale della propria rete trasmissiva (specie le emittenti che non accedono ai maggiori contributi della legge 448/1998, che agevola di fatto solo pochi grandi editori attraverso un criterio di ripartizione che definire “discutibile” è un eufemismo).
Il circolo vizioso e quello virtuoso
Certo è che la componente finanziaria appare quella più delicata ed urgente del rompicapo, visto che un approccio corretto potrebbe anche trasformare un circolo vizioso (le emittenti più povere hanno meno contributi e quindi diventano sempre meno appetibili all’utenza, mentre le più ricche ricevono più soldi dallo Stato e quindi migliorano il proprio status) in un processo virtuoso (i più piccoli hanno la possibilità di crescere e i più grandi possono comunque ricevere finanziamenti equi).
Da tale auspicabile processo innovativo trarrebbero benefici tutti i soggetti:
• il cittadino, destinatario di un’offerta di programmi gratuiti potenzialmente unica al mondo;
• gli editori televisivi, che finalmente avrebbero modo di sfruttare le grandi potenzialità inespresse del mezzo (allo stato strozzato dal duopolio);
• i piccoli editori/produttori, che, grazie alle emittenti locali (quali operatori di rete), saranno in grado di veicolare nuovi contenuti (quali fornitori);
• la piccola e media impresa, che potrà veicolare il proprio messaggio pubblicitario sulle emittenti televisive locali a costi contenuti e con maggior riscontro.