(FNSI.it) – Militante del Partito Comunista, poi Rifondazione Comunista con Fausto Bertinotti, Curzi è stato storico direttore del Tg3 alla fine degli anni ’80, poi direttore del quotidiano di Rifondazione Comunista ”Liberazione”. Attualmente era consigliere d’amministrazione della Rai
Alessandro Curzi detto Sandro era dal 2005 consigliere Rai, di cui per tre mesi – in attesa della nomina del presidente da parte della Commissione di Vigilanza – e’ stato anche presidente, in quanto consigliere anziano. Curzi aveva diretto dal 1987 al 1993 il Tg3.
Nel primo pomeriggio sarà allestita in Campidoglio, a Roma, la camera ardente. Sarà aperta dalle 17 alle 20 e domani dalle 10 alle 18. Lunedì riaprirà alle 9 e alle 11:30 si terrà la cerimonia laica. Unanime cordoglio della politica, del giornalismo e delle istituzioni.
DALLA RESISTENZA A TELEKABUL – Resistente a 13 anni, comunista iscritto già a 14, chiamato a 19 anni da Enrico Berlinguer a ricostruire la Federazione giovanile comunista italiana (Fgci), Alessandro Curzi ha vissuto tutta la sua vita fedele, pur senza rigidità, alle idee di gioventù passando con Fausto Bertinotti a Rifondazione Comunista alla fine degli anni ’90. Il suo impegno politico si e’ svolto all’interno dei mass media, dal primo articolo, quando era ancora adolescente, sull’Unità “clandestina” per raccontare l’assassinio di uno studente da parte di fascisti repubblichini, al ruolo di capo redattore nel mensile della Fgci ‘Gioventu’ nuovà, diretto da Enrico Berlinguer, fino alla vice direzione di Paese Sera, alla direzione del Tg3 e a quella di Liberazione.
Curzi ottenne nel 1944, nonostante la minore età, la tessera del Pci. Tra il ’47 e il ’48 lavora al settimanale ‘Pattuglia’ insieme a Gillo Pontecorvo e, nel ’49, a la ‘Repubblica d’ Italià fino a diventare capo redattore di ‘Gioventu’ nuovà, diretta da Enrico Berlinguer. Inviato nel ’51 nel Polesine per raccontare le conseguenze dell’alluvione, vi rimane come segretario della Fgci. Nel ’56 fonda ‘Nuova generazioné e nel ’59 passa all’Unità, organo del Pci per il quale l’anno successivo viene inviato in Algeria per seguire la fasi dell’indipendenza. Lì intervista il capo del Fronte di Liberazione Ben Bellah. Dopo essere stato direttore dell’Unità, nel 1964 diventa responsabile stampa e propaganda della direzione del Pci. Negli anni ’60 collabora fra l’altro alla crescita della radio ‘Oggi in Italia’ che trasmetteva da Praga ed era seguita in molte parti d’Europa da emigranti italiani.
La stagione più calda, quella del ’68 e poi dell’autunno del ’69, della strage di Piazza Fontana e dei fatti che seguirono nei primi anni ’70, Curzi la seguì da vice direttore di ‘Paese Sera’. Dalla metà degli anni ’70 arriva l’impegno con la televisione: entra infatti in Rai nel 1975 con un bando di concorso indetto per l’assunzione di giornalisti di ‘chiara fama’ disposti a lavorare come redattori ordinari e comincia dal Gr1 diretto da Sergio Zavoli. Nel ’76, con Biagio Agnes e Alberto La Volpe, da’ vita alla terza rete televisiva della Rai mentre nel 1978 è condirettore del Tg3 diretto da Biagio Agnes. In questa veste ‘scopre’ Michele Santoro e collabora alla realizzazione del programma ‘Samarcanda’.
Diventa direttore del Tg3 nel 1987 dando a quel telegiornale una impronta inconfondibile, veloce e aggressiva che dà voce alle istanze della sinistra italiana interpretando gli umori di una crescente insofferenza verso la cosiddetta prima Repubblica. Soprannominato per questo, dagli avversari politici, ‘Telekabul’ (dalla capitale dell’Afghanistan occupata dall’Urss negli anni ’70), il Tg3 cresce in spettatori (da poco piu’ di 300 mila ai 3 milioni del ’91) e autorevolezza.
Nel ’92 pubblica con Corradino Mineo il libro ‘Giu’ le mani dalla Tv’ (Sperling e Kupfer) e nel ’93, in contrasto con il nuovo consiglio d’amministrazione della cosiddetta Rai dei professori (direttore generale Gianni Locatelli e presidente Claudio Dematté), si dimette. Passa prima a dirigere il Tg dell’allora Tele Montecarlo e poi, dal 1998 al 2005, dirige Liberazione. Dal 2005, eletto con i voti di Rifondazione, dei Verdi e della sinistra del Pds, era consigliere d’amministrazione della Rai di cui per tre mesi è stato anche presidente in qualità di consigliere anziano, prima di lasciare il posto a Claudio Petruccioli. Comunista e antifascista convinto, politico abile, Curzi si é spesso distinto per posizioni non banali e non sempre in linea con i diktat di partito: basti pensare alle aperture, allora non scontate, del suo Tg3 alle posizioni di Papa Giovanni Paolo II o, più di recente in Rai, all’astensione sulla proposta di licenziamento del direttore di Rai fiction, Agostino Saccà.
Tra le sue esperienze va ricordata nel ’94 la pubblicazione del libro ‘Il compagno scomodò (Mondadori) e nel ’95 una curiosa partecipazione al Festival di Sanremo dove canta nel gruppo ‘La riserva indianà col nome, palesemente autoironico per chi era stato soprannominato Kojak, di grande capo Vento nei Capelli, eseguendo la canzone ‘Troppo sole’. Era sposato dal 1954 con Bruna Bellonzi, anch’essa giornalista. Era padre di Candida Curzi, giornalista dell’ANSA. (ANSA)
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La Federazione Nazionale della Stampa Italiana comunica:
“E’ stata una vita piena di passioni, la vita di Sandro Curzi. E tra queste passioni siamo oggi onorati di ricordare anche la sua passione per l’organizzazione sindacale dei giornalisti: Curzi è stato dirigente nazionale della Fnsi negli anni in cui il sindacato usciva dal corporativismo, sceglieva di mettersi in rapporto con i movimenti della società italiana e conquistava fondamentali garanzie di autonomia per i giornalisti e diritti di intervento per i Comitati di Redazione per i quali ancora oggi la categoria deve gratitudine a chi operò in quella stagione.
Ma la passione sindacale di Curzi era forte perché forte era la sua passione professionale. Curzi ha lasciato ovunque il segno di un giornalismo civilmente impegnato, curioso verso ogni fenomeno sociale e politico emergente, capace di usare il mezzo televisivo per fare irrompere la realtà negli schermi e offrire temi all’agenda della discussione dei partiti; un giornalismo lontano dalle ipocrisie, trasparente nel dichiarare il proprio punto di vista, per questo rispettoso dei punti di vista altrui e in grado di aiutare lettori e spettatori a formarsi una propria opinione nel confronto tra le diverse voci. Curzi è stato un vero direttore: dal Tg3 a TMC a Liberazione, ogni volta ha saputo coinvolgere la redazione che guidava e farla sentire parte di un progetto. Ed è stato, soprattutto nei suoi ultimi anni, appassionato difensore dell’autonomia del servizio pubblico radiotelevisivo e insieme critico delle sue carenze: pronto a indignarsi contro i tentativi esterni di asservimento della Rai, ma altrettanto pronto a denunciare l’espulsione della realtà dai palinsesti.
Di questa vita ricca, spesa per l’informazione e per dunque per la democrazia, oggi lo ringraziamo”.