Molti utenti di Prime Video, la piattaforma di streaming on demand di Amazon sfruttabile (gratis) dagli abbonati al servizio Prime dell’OTT, hanno scoperto nelle ultime due settimane l’introduzione dell’area Channels.
Si tratta dell’affermazione di quel processo che avevamo anticipato molti mesi fa, definendolo “one-click”, attraverso la quale Prime Video (accessibile su tutti i device connessi, ma prevalentemente attraverso le smart tv) estende la sua portata da piattaforma SVOD di Amazon ad aggregatore di terze parti.
L’obiettivo?
Come per l’OTT dell’e-commerce, la mission è offrire tutto il desiderato ed il desiderabile al proprio utente, demotivandolo dall’uscire dall’app per cercare altro al di fuori della stessa.
L’offerta Channels
La sezione Channels di Amazon offre già ora undici servizi streaming tematici: da Infinity (piattaforma teoricamente concorrente di Mediaset) a Juventus TV; da Starzplay a Noggin; da Mubi a RaroVideo, passando da Midnight Factory, Full Moon TV, Shorts TV, Qello Concerts e Mezzo.
La platea degli abbonati dell’e-commerce
Possono accedere a Channels gli abbonati al servizio per gli acquisti online Amazon Prime, che, quindi, oltre alle spedizioni gratuite del materiale comprato sulla piattaforma di e-commerce, possono godere dell’offerta video.
Lontani qualitativamente e quantitativamente da Netflix
Sebbene non sia certamente al livello di Netflix (i film esclusivi di Amazon sono in gran parte low cost e di scarso appeal, mentre un po’ meglio va per le serie tv e su film vintage), Prime Video sta riscuotendo un seguito crescente.
Trattenere l’utente nell’app
Per potenziare la proposta Amazon – secondo una linea sfruttata anche da Sky – ha pensato di introdurre l’opzione Channels che consente di abbonarsi (su base mensile a costi variabili tra 2,99 e 9,99 euro) ad altre piattaforme senza dover uscire da quella di Jeff Bezos.
Sbarco in Europa
Prime Video Channels non è però una novità assoluta: negli Stati Uniti, Canada, Giappone, Regno Unito e Germania è attiva da tempo e l’arrivo in Italia fa parte di una strategia a livello europeo che si fonda sul principio, introdotto per primo da Google per le news, dell’aggregazione di contenuti di terze parti.
Reddito di posizione
Il modello è semplice: un OTT mette a reddito la propria posizione di forza sviluppando un business basato su contenuti terzi che vengono collazionati e promossi.
Gate keeping
D’altra parte il sistema dell’aggregazione di terze parti, evoluzione del famoso meccanismo del gatekeeping (il filtro del passaggio di contenuti attraverso i mezzi di informazione) si è dimostrato vincente per l’informazione (Google News), per la musica (Spotify), per la radio (TuneIn), per i video (YouTube) e per l’e-commerce (Amazon, per l’appunto). (M.L. per ML)