Rischia una condanna il gestore di un locale in cui vengono trasmesse partite di calcio da canali tv a pagamento senza avere l’autorizzazione del fornitore, ma con schede destinate solo ad uso privato.
La Cassazione ha infatti confermato la condanna inflitta dalla Corte d’appello di Cagliari a due titolari di circoli privati che, utilizzando decoder e schede D+,a favore di propri clienti e quindi per uso non personale in assenza di un accordo con il distributore, diffondevano partite di calcio altrimenti criptate. "Legittimamente – si legge nella sentenza n.20142 della terza sezione penale della Suprema Corte – la Corte territoriale ha ritenuto configurabile il reato che punisce la trasmissione o diffusione di un servizio criptato al di fuori dell’accordo con il legittimo distributore sull’uso strettamente personale anche per la ritenuta sussistenza del dolo specifico ravvisato, con motivazione non illogica, con riferimento all’incremento patrimoniale conseguito dai presidenti dei suddetti circoli per la presenza di un notevole numero di avventori e con la conseguente maggiore somministrazione di alimenti e bevande". Infatti, ricordano i giudici di piazza Cavour, "l’articolo 15 della legge sul diritto d’autore riconosce all’opera anche il diritto avente ad oggetto la rappresentazione, l’esecuzione o la recitazione comunque effettuate, sia gratuitamente che a pagamento delle opere musicali, drammatiche, cinematografiche e di qualsiasi altra opera di pubblico spettacolo. L’esecuzione pubblica di un’opera richiede quindi il consenso del titolare del diritto e per esso della Siae". (AGI)